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Dimissioni Lupi, Panebianco: intercettare è più grave che rubare

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Sul Corriere della Sera, a proposito delle dimissioni del ministro Lupi, il professor Angelo Panebianco ha trovato il rimedio, anzi ‘la bomba atomica’ e cioè: “Un decreto che ponesse immediatamente fine a un ventennio di diffusione arbitraria di intercettazioni giudiziarie“. Ecco l’arma definitiva che Renzi avrebbe potuto ‘tirare fuori di tasca’ per ‘contrapporsi alla piazza’, giustizialista s’intende.

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Questa lettura fa tornare in mente il Don Ferrante dei Promessi sposi, nel ritratto del Manzoni, il tipico erudito seicentesco immerso nello studio di qualsiasi disciplina, eroe e martire della dottrina inutile e della logica formale. Orbene, messo di fronte al contagio della pestilenza, non vi crede formulando strane teorie astrologiche e filosofiche: “In rerum natura non ci sono che due generi di cose: sostanze e accidenti; e se io provo che il contagio non può essere né l’uno né l’altro, avrò provato che non esiste, che è una chimera”.

In fondo, par di capire, anche per Don Panebianco la corruzione è un chimera mentre il vero contagio da combattere riguarda le intercettazioni che sono costate il posto a Lupi. Si domanda infatti “quanti ministri nelle ventuno democrazie occidentali hanno fatto telefonate simili e quante sono diventate pubbliche ponendo fine alla carriera del ministro?”. Insomma, se nessuno avesse saputo dei maneggi di Lupi tutto sarebbe andato a posto. Ragionamenti alla Don Ferrante che, tuttavia, discettando sull’origine dei bubboni non prese nessuna precauzione e “andò a letto a morire, prendendosela con le stelle”.

Da ‘Stoccata e Fuga’, il Fatto Quotidiano, 24 marzo 2015

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