Nell’Italia dell’amnesia c’è una sola istituzione, che in queste ore ricorda che la sentenza della Cassazione non lava Silvio Berlusconi dall’indegnità politica. È la Chiesa di Francesco.

Tra gli affannati commenti a considerare la vicenda Ruby “chiusa, punto e basta!“, spicca la voce del segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino, che seccamente ha sottolineato: “La legge arriva fino a un certo punto ma il discorso morale è un altro”. Di che si tratti (anche se la casta politica dominante fa finta di non capire) lo ricapitola l’Avvenire con un commento segnalato in prima pagina, sferzante nella titolazione. “Riso amaro… un nodo che resta”.
Il nodo, lo spiega bene il direttore Marco Tarquinio, è quell’articolo della Costituzione, che esige di “adempiere con disciplina e onore” ogni pubblico ufficio e – sottolinea Tarquinio – tanto più vale per chi occupa il “massimo ruolo di governo”.

Ci voleva l’effetto Francesco per rompere l’ipocrisia italiana, per cui nella vita pubblica è condannabile solo chi è sanzionato penalmente dal tribunale. Nelle democrazie occidentali non è così.
Negli Stati Uniti, il cui rigore è tenacemente ignorato dal premier modernizzante, c’è un criterio tagliente come la spada: comportamento “appropriato ” o “inappropriato”. Chi sgarra è fuori. Hillary Clinton è già sotto accusa per avere usato per le sue email un server sbagliato. Figurarsi. Berlusconi in Europa e negli Usa non sarebbe da tempo un personaggio verso cui qualsiasi parte politica possa esprimere “grande sintonia”.

Tocca al giornale dei vescovi rammentare l’intreccio tra i “dettagli per nulla entusiasmanti” delle cene di Arcore e le manovre del premier per “avventurosamente ‘liberare’ una ragazza a torto o a ragione accusata di furto, presentandola per di più come nipote di Mubarak”.

La conclusione fulminante è che l’assoluzione della Cassazione “non coincide con un diploma di benemerenza politica e di approvazione morale”. Famiglia Cristiana, che a suo tempo non si piegò alla logica del patto Berlusconi-Vaticano, batte sullo stesso tasto. La sentenza, scandisce, “non ha cancellato con un colpo di spugna i fatti”, ne ha solo negato la valenza penale. Non dovrebbe bastare per “assolvere” certi comportamenti davanti al tribunale della politica e della morale “come si sta cercando da più parti di fare”.

Domani ci sarà chi scriverà che la Cei ha bacchettato Berlusconi. Non di questo si tratta. Le parole del vescovo Galantino, che definisce la posizione dell’Avvenire coraggiosa e da sostenere, indicano l’abisso tra due modi di concepire la responsabilità politica, sociale e istituzionale.

Di qua il modello Arcore-Rignano per cui tutto è riconducibile, sempre, al mercato delle vacche politicante. Di là la visione di una società con regole condivise, anche di etica civile. Valide anzitutto per il giudizio pubblico. Roba da papa venuto dalla fine del mondo.

Il Fatto Quotidiano, 13 Marzo 2015

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