Metti una sera a cena a Milano con un avvocato napoletano che parlando del più del meno ti spalanca un piccolo universo. Poi arriva un giorno, in mezzo a tanti altri, ma diverso dagli altri, in cui Riccardo Imperiali di Francavilla si trova di fronte a un bivio: “Questa cosa” la scrivo o non la scrivo. Ed eccolo qui. “Dici tu. Titolo provvisorio“. Perché è arrivato quel giorno in cui, guardandosi alle spalle, si accorge che tutto ciò che ha scritto, per motivi professionali, è una palla incredibile e che è stata anche una cattiveria propinarla a terzi. Perché Riccardo fa l’avvocato, e da esperto di organizzazione aziendale e di privacy, ha scritto chili di pubblicazioni giuridiche e da vent’anni collabora con Il Sole 24 Ore.

Dicono che a gennaio, dopo l’abbuffata di titoli/panettoni, escono i libri intelligenti, ecco un manifesto filosofico del fatalismo esistenziale sciuè sciuè. Che per divulgarsi non ha bisogno di una grande casa editrice ma si affida a una di nicchia come quella di Tulio Pironti. A Milano glielo ha presentato Philippe Daverio, in salsa intellettual/dandy.

“Quello stesso giorno ti accorgi che sono passati parecchi anni da quando credevi di essere un perenne teenager e che, se continui ancora a pensarlo, c’è un calendario anagrafico che ti frega e che sta girando i suoi giorni senza soluzione di continuità. “È in quel giorno che decidi di riempire il primo foglio bianco che ti sei messo davanti e che incredibilmente si riempie via via e con esso altri fogli e altri fogli fino a che dici, ma questo è un libro!“, la butta lì Riccardo che, in tournée autopromozionale, è passato pure dalla Scuola Superiore della Polizia di Roma. Scrivere “Dici Tu”, (ma in forma dialettale sarebbe diccci tu, con ben tre c) è stata una passeggiata, il lavoraccio, e questo lo sanno bene gli scrittori esordienti, sono le presentazioni porta a porta!

E così Riccardo dentro ci ha messo un po’ di storie accadute e di altre che ha solo immaginato. “In tutte, c’è un po’ di te, anzi parecchio. Chi dice che un libro non sempre è autobiografico, è un cretino”, continua.

E sono racconti di vita che è stata finora, c’è dentro un po’ di infanzia, un po’ di adolescenza, di maturità (…) di amore, di sesso e di tenerezza, di riflessione… c’è un po’ di Dio, sia con la maiuscola che con la minuscola a seconda dei giorni. C’è insomma dentro tutto quello che ogni individuo pensa, chi più chi meno. E chi non lo pensa, anche qui, è un cretino.

I più intellettuali li chiamano “I grandi temi”, i meno colti ci scherzano su, alcuni, e non sono pochi, sulla vita e la morte si toccano per scaramanzia (facimm ‘e cuorna). In tutte le pagine, c’è Napoli, come potrebbe non essere diversamente. È un enzima che chi è nato sotto il Vesuvio si porta dentro come un catalizzatore di tutti i processi che attraversi nella vita con la schizofrenia dei tempi, delle contraddizioni che questa Città ti impone. Se “Dici Tu” fosse un film sarebbe una commedia condita al peperoncino da Vittorio De Sica.

“E allora scrivi e ti accorgi, scrivendo scrivendo, che hai detto un po’ troppo di te, che ti sei messo nudo davanti a chi non ti aveva mai incontrato e che forse non ti vedrà mai, ma non sei disposto a retrocedere né a modificare alcunché, ti sentiresti di tradire qualcosa che è davvero tuo, anche se da quel momento altri lo condivideranno, e allora ti dai un colpo di reni, il primo vero che mai ti eri dato fino ad allora e dici: l’ho detto e basta! Adesso, Dici tu…”

“… questo bivio che ci accompagna per tutta la vita – che è una lotta continua tra vizio e virtù, destra e sinistra, bene e male – perché ci hanno imposto questa scelta? Perché ci hanno messi davanti a questo bivio? Non la si poteva risolvere con una rotonda, com’è nelle grandi arterie stradali […]?”.

@januariapiromal

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