L’ufficio tributario della Repubblica di San Marino ha sequestrato tre bancali di merce acquistata su Amazon, il noto sito di e-commerce. Sui prodotti non era stata versata la monofase, un’imposta del 17% sulle importazioni  equivalente all’italiana Iva e l’ufficio, dipendente dalla segreteria di Stato alle Finanze della piccola Repubblica, ne ha disposto il sequestro cautelare.
Dal ministero del Tesoro sammarinese hanno sottolineato di aver sollecitato da mesi gli uffici legali di Amazon, che si trovano in Lussemburgo:  “Abbiamo fatto presente alla multinazionale che anche a San Marino le imposte vanno versate al momento dell’importazione. Il versamento può essere fatto dal venditore, in questo caso da Amazon, oppure dal corriere che consegna la merce in Repubblica”. Non soddisfatti dalla risposta, gli esattori del Titano hanno quindi deciso di applicare alla lettera le misure previste dalla legge sulla monofase, ossia sequestro ed eventuale multa. Ora, per sbloccare la merce, basterà che Amazon, oppure il corriere incaricato della consegna a San Marino, versino la monofase all’ufficio tributario.
I solleciti dal ministero delle Finanze della Repubblica del Monte Titano sono arrivati dopo le segnalazioni dei commercianti locali, schiacciati dalla concorrenza di Amazon, e dal sospetto che qualcuno stesse approfittando delle agevolazioni fiscali di San Marino, ad esempio cittadini italiani residenti nel circondario, che per risparmiare l’Iva hanno fatto recapitare gli acquisti, pagati in anticipo, nel mini-Stato.
Undici anni fa Amazon, nato come rivenditore on-line di libri ma ampliatosi negli anni a una vasta gamma di prodotti, ha scelto come sede fiscale il conveniente Granducato di Lussemburgo. Recentemente la Commissione europea ha aperto un’inchiesta per verificare se gli accordi tra il colosso dell’e-commerce e il Paese del Benelux siano conformi alle regole europee sugli aiuti di Stato. Nel dettaglio, l’inchiesta riguarda Amazon EU Sarl, una filiale del gruppo, che gestisce la maggior parte dei profitti europei del sito. Amazon EU Sarl, scrive Il Sole 24ore, “paga una somma fiscalmente deducibile a una società in accomandita semplice stabilita in Lussemburgo senza essere assoggettata all’imposta sulle società: di conseguenza la maggior parte dei profitti di Amazon nell’Unione europea sono registrati in Lussemburgo ma non sottoposti a tasse”.
Intanto, proprio per gli espedienti anti-tasse utilizzati dalla multinazionale fondata da Jeff Bezos e per le questioni legate ai salari dei dipendenti, nel Regno Unito è partita una campagna on-line per boicottare i prodotti Amazon nel periodo nataliazio. Si tratta di una petizione, organizzata dagli attivisti di Amazon Anonymous, iniziata il 18 novembre, che invita i potenziali clienti a scrivere sul portale la cifra che avrebbero speso, per calcolare così quanto Amazon ci rimetterà alla fine del boicottaggio. Sul suo sito, l’organizzazione ha indicato una lista di prodotti alternativi a quelli venduti dal colosso americano, forniti da aziende che osservano un “codice etico“. Nel solo 2013, la multinazionale dell’e-commerce ha registrato introiti pari a 5,4 miliardi di euro nel solo Regno Unito. Il governo britannico ne ha intascati appena 5,3 milioni in introiti.
A ridosso del Natale, Amazon sta vivendo un periodo particolarmente difficile in Europa. L’8 dicembre, i dipendenti dello stabilimento di Bad Hersfed, in Germania, il principale centro di smistamento europeo dell’azienda, hanno indetto uno sciopero, chiedendo il rialzo degli stipendi, passando dai livelli dei lavoratori del settore logistico a quelli di chi opera nell’ambito commerciale. In tutta risposta, Amazon ha minacciato di spostare la produzione in Polonia.
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