Al cinema i suoi giovani si chiedevano “Che ne sarà di noi?”, in radio il regista Giovanni Veronesi prova a dare una risposta. Insieme a Massimo Cervelli conduce su Radio2 il programma “Non è un paese per giovani, in onda dal lunedì al venerdì dalle 12 alle 13.30, dove molti ragazzi italiani raccontano la propria esperienza di espatriati in cerca di fortuna. E il quadro che ne esce non è confortante. “L’Italia effettivamente non è un Paese per giovani – spiega Veronesi a ilfattoquotidiano.it –. Da queste storie abbiamo tratto un insegnamento gravissimo: tra 10 anni la generazione dei trentenni non ci sarà, stanno andando tutti verso un esodo silenzioso. E lo fanno con il sorriso sulle labbra, proprio perché ritengono impossibile realizzare i propri sogni in questo Paese”.

C’è proprio questo, secondo il regista, alla base della scelta di fare valigie e biglietto aereo: una spinta verso la realizzazione personale. “I ragazzi partono non per cercare soldi, ma per cercare di esaudire i propri desideri. Sanno che il lavoro non è denaro, ma è dignità e possibilità di essere soddisfatti e in pace con se stessi”. Cosa che non accade più in Italia, anzi. “Qui se si trova lavoro – spiega Veronesi – si trova un’occupazione che non è la propria, si viene mal pagati e, oltretutto, snobbati. Si usa la retorica dell’ ‘arrivare a fine mese’. Ma per fare cosa? Se si fa un lavoro alienante, si arriva al 31 alienati”.

Tra le molte storie raccontate c’è una frase che lo ha colpito in modo particolare: “Un ragazzo che viveva a Bruxelles facendo il cameriere in un bar mi ha detto ‘io in Italia non voglio fare lo stesso lavoro, perché tutti ti guardano come un fallito e poi ti pagano pochissimo. All’estero poi i giovani sono considerati il futuro del Paese, qui in Italia si è un peso’. Mi ha gelato”, racconta. Ma di chi è la responsabilità di questa situazione? “Un po’ delle vecchie generazioni, di chi negli anni precedenti si è mangiato tutto non lasciando niente a chi veniva dopo, e di chi non ha traghettato i valori, molto sani, con cui è cresciuto”.

E per raccontare di questa nuova generazione “per cui conta solo il presente e il futuro che si riesce a immaginare è solo domani, non tra un anno”, il regista pensa di girare un film che tragga spunto dalle storie raccontate in radio. “Spero che me lo facciano fare – confida Veronesi – ma a questo punto dubito che ci sia la volontà di qualcuno di darmi dei soldi per raccontare una cosa del genere, perché poi ti devi mettere una mano sulla coscienza, devi dare una risposta e fare qualcosa, perché i ragazzi non ti aspettano. Vanno via”. In attesa del grande schermo, si limita a contaminare i due mezzi, facendo provini in diretta radio a volti nuovi. “Sono molto divertenti, ma per il momento non ho trovato il nuovo Marlon Brando”, scherza.

La peculiarità del programma radiofonico è proprio questa, “mischiare intrattenimento, ospiti e riflessione”. Con ottimi risultati, spiega Veronesi: “Siamo andati in onda venti giorni prima dell’estate come prova. È andata bene, ‘buona la prima’, direi. E così ci hanno riproposto. Ora facciamo il 5 per cento di share, alto per una trasmissione radio”. Il segreto del suo successo? “Divertire seriamente”.

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