Quando fu dato il via alle Olimpiadi di Londra 2012, il 6 luglio del 2005 nella riunione del comitato internazionale a Singapore, in molti lanciarono un allarme: la capitale britannica – fu sostenuto – sarebbe andata in bancarotta e, soprattutto, le costruzioni per quei giochi globali di due anni e mezzo fa sarebbero finite nell’oblio, così come successo in tante altre città del mondo. Ora, invece, è stato deciso: con un investimento iniziale da parte del governo di David Cameron di 141 milioni di sterline (circa 180 milioni di euro), verranno presto avviate le opere per la costruzione di “Olympicopolis”, il più grande centro culturale del Paese, un progetto che, una volta ultimato, e con l’apporto del capitale privato stimolato da quello pubblico, sarà costato 850 milioni di sterline. Più o meno un miliardo di euro, questo il prezzo totale per la rigenerazione e la riconversione di un’area che, fino a non molti anni fa, era fra le più degradate e inquinate di Londra, ospitando una enorme rimessa di carrozze ferroviarie e della metropolitana.

Nella nuova Olympicopolis, ha annunciato il cancelliere dello scacchiere (e cioè ministro dell’Economia) George Osborne, troveranno spazio la succursale del Victoria and Albert Museum (istituzione museale dedicata alle arti applicate e al design, la cui sede principale è nel cuore di Londra, a Kensington), una nuova sede del Sadler’s Well, teatro dedicato alla danza, e due campus universitari dediti a diffondere la cultura delle arti, del disegno grafico e industriale, dell’architettura e della scultura. Già ora il Queen Elizabeth Park – il più grande parco urbano dopo Hyde Park – ha sostituito quelle lande un po’ desolate che, nel 2012, circondavano lo stadio olimpico, le piscine, il velodromo e tutte le altre strutture. E già ora centinaia di appartamenti sono stati venduti, messi sul mercato grazie alla riconversione del villaggio olimpico, dove gli atleti trovarono alloggio durante le Olimpiadi del 2012.

Rimangono tuttavia alcuni dubbi a Stratford, zona dell’est della capitale la cui trasformazione è in parte avvenuta grazie ai giochi. Alcuni comitati di cittadini hanno espresso le loro rimostranze, in quanto, per questi nuovi progetti, la popolazione locale non sarebbe stata coinvolta più di tanto. Il rischio, come sempre a Londra, è quella “gentrificazione” che vede zone molto popolari diventare sempre più ambite e care, sia per quanto riguarda il costo delle abitazioni che per la vita in generale. Tutte cose già successe a Hackney, Dalston, Hackney Wick, zone non lontane dall’area olimpica e che una nuova ondata di locali chic e orde di “hipster” che le affollano ogni sera hanno fatto incrementare prezzi dei beni e delle case e tariffe dei servizi di ogni genere. Il governo tuttavia ne è convinto. In base alle stime dell’esecutivo, la nuova area culturale creerà 3mila posti di lavoro, porterà 1,5 milioni di turisti in più ogni anno a Londra e genererà un tornaconto economico, per l’est londinese, di 3 miliardi di sterline in pochi anni, circa 3,8 miliardi di euro. Londra cambia in continuazione, non tutti sono contenti ma il processo pare inarrestabile.

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