Se l’uccisione di una donna, parlando di femminicidio, nella stragrande maggioranza dei casi, avviene per mano di uomini che non presentano alcun tipo di patologia che possa, in qualche modo, giustificare una tale atrocità , l’annunciarlo su Facebook ha però in sé qualcosa di malato che  non riguarda solo ed esclusivamente il singolo, ma la società che crea il terreno per cui qualcosa del genere possa trovare liberamente spazio, like e commenti.
Parlo della vicenda di Cosimo Pagnani, un uomo di 32 anni che ha scritto sul proprio profilo Facebook: “Sei morta troia” riferendosi alla propria ex-moglie, uccidendola veramente a coltellate, non è chiaro se prima o dopo il post sul social network, domenica sera a Postiglione (Salerno). L’uomo è stato arrestato ed è accusato di omicidio volontario.

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Fiumi di parole già scritte o già dette possono commentare questo ennesimo caso di cronaca dove una donna finisce ammazzata per mano di un compagno o ex-compagno e non ho intenzione di ripeterle. Qualsiasi possano essere stati i dissapori tra i due, qualsiasi sia stato il diverso grado di responsabilità del malessere di uno causato dall’altro e viceversa (non sono contro l’uomo a prescindere o a favore della donna sempre e comunque, ogni situazione è una situazione a sé) non si può non prendere atto che un membro della coppia è in vita e l’altro no e che il primo è proprio il responsabile della morte del secondo. Ed è questo il dato dal quale non si può venire meno: la donna è morta, l’uomo in vita ed è stato l’uomo ad uccidere la donna.

In questa storia però si consuma un dramma nel dramma, mentre il primo è l’omicidio della donna e vi è una responsabilità in gran parte individuale riguardante chi ha compiuto l’assassinio, il secondo, ossia l’annuncio dell’omicidio  su Facebook, riguarda non solo l’autore, ma riguarda tutti noi ed il rimbambimento che ci prende sui social network dove pubblico e privato perdono il senso e i confini che da esso dovrebbero essere marcati.

Il valore catartico e di esibizionismo narcisistico che ho ritrovato nel post di Cosimo Pagnani può essere certamente imputato a lui, ma non possiamo far finta che sia un gesto isolato di un pazzo, perché probabilmente pazzo non è e soprattutto perché ha portato all’estremo delle tendenze già ben presenti in rete. La responsabilità è collettiva, siamo noi ad utilizzare il social network dapprincipio e subito dopo siamo sempre noi a permettere che sia il social network ad utilizzarci.

Interrogarci su quanto la rete ci stia cambiando è eufemistico, le notizie di cronaca ci stanno già abbondantemente rispondendo e non c’è da stare tranquilli. Che effetto avrà tutto questo sulle nuove generazioni, se già chi ha avuto a che fare con Internet in età adulta ha questi tipi di comportamento? Chi  avrà a che fare, sin dalla più tenera età, con le infinite possibilità di internet a cosa potrebbe arrivare? A cosa ci stiamo assuefacendo? Lungi dal pensare che il world wide web e quanto vi gravita intorno sia esclusivamente nocivo, non posso non constatare che stiamo pagando dei prezzi di cui forse non abbiamo una visuale ancora completa, allietati dagli effetti secondari che sembrano essere decisamente più piacevoli di quelli principali perché di godimento a più breve termine.

Gioiamo della perdita della nostra intimità oppure, in termini più consoni alla nostra epoca, della vendita sul mercato del nostro io più caro. Ci fosse almeno un miglior offerente con cui interloquire e dal quale trarre vantaggio, il problema è che ci mercifichiamo facendoci pagare in vanagloria sonante.

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