Non c’è atto politico dei sei anni di Barack Obama alla Casa Bianca che sia stato più criticato, attaccato, vilipeso dai repubblicani della riforma sanitaria passata nel marzo 2010. Presentata come una legge che avrebbe affossato il bilancio USA, corrotto lo spirito americano, rafforzato la presa del governo centrale sulla vita dei singoli, l’Obamacare era diventato per i conservatori l’emblema di un presidente detestato. “Quando riprenderemo il potere, l’Obamacare verrà cancellato”, era la promessa di molti repubblicani. Ora che i repubblicani stanno per riconquistare il Senato, nessuno parla più della legge sanitaria. E chi lo fa, come il leader repubblicano Mitch McConnell, dice: “Avere la maggioranza al Senato, non significa far fuori l’Obamacare”.

Il fatto è che la riforma sanitaria di Barack Obama è sparita dal dibattito politico perché, a dispetto di tutti i dubbi e le accuse, ha sostanzialmente funzionato e rispettato buona parte delle promesse del presidente. Anzitutto, l’Obamacare ha significato una brusca riduzione del numero di americani senza un’assicurazione sanitaria. Sono tra gli otto e gli undici milioni (i numeri non sono ancora facili da recuperare e arrivano soprattutto da ricerche private), i cittadini che quest’anno per la prima volta hanno avuto accesso a qualche forma di copertura sanitaria. In aumento anche quelli coperti dal Medicaid, l’assistenza sanitaria per i redditi più bassi, mentre altre milioni di persone sono pronte, secondo molte statistiche, a dotarsi di un’assicurazione sanitaria nei prossimi mesi.

La riforma ha dunque centrato l’obiettivo principale esposto da Barack Obama nel 2010: e cioè rendere la sanità più accessibile. Non è la sola promessa realizzata. L’85% dei 7,3 milioni di americani che hanno acquistato un’assicurazione attraverso i mercati on line, nella prima fase della riforma, ha anche goduto di sussidi federali; ciò che ha significato una diminuzione dei premi assicurativi da pagare. Non c’è stato nemmeno il disastro che alcuni preconizzavano per l’industria sanitaria. Più volte in questi mesi analisti di Wall Street ed esperti hanno dimostrato che l’Obamacare ha significato più clienti per le assicurazioni e nuovi pazienti paganti per gli ospedali.

Nascosta dalle tante “cadute” della politica di Obama, dalle crisi internazionali e dal senso di paura e incertezza che domina la vita di molti americani, la riforma sanitaria è stata dunque un successo – almeno nel quadro e secondo gli standard della società americana. Non è stata la riforma “socialista” contro cui i conservatori hanno polemizzato, ma ha significato un oggettivo miglioramento nelle condizioni di vita per milioni di persone. Per questo, dopo un iniziale fuoco di sbarramento, i repubblicani hanno preferito stendere un velo di silenzio e attaccare Obama per l’insieme delle sue politiche. E va a discredito di molti democratici – peraltro ora in grave difficoltà – non avere rivendicato i numeri positivi dell’Obamacare, accettando al contrario la retorica repubblicana e giocando tutta la campagna sulla difensiva e sulla presa di distanza dal presidente.

In realtà, almeno due repubblicani che durante queste settimane hanno continuato a insistere sull’Obamacare ci sono. Si chiamano Ed Gillespie, ex-lobbista e chairman del Republican National Committee, ora candidato al Senato in Virginia; e Mike McFadden, candidato del fronte conservatore in Minnesota. Se McFadden ha spiegato che “abbiamo un problema con la sanità, in questo Paese. Ciò che non vuol dire che dobbiamo tornare ai vecchi sistemi”, Gillespie ha presentato una proposta di riforma che cancellerebbe l’Obamacare, sostituito da un sistema di tagli alle tasse per chi si dota di un’assicurazione e un “fondo di emergenza”, pagato dal governo federale ma gestito dagli Stati, per chi non riesce ad accedere a una polizza privata. Tutti gli osservatori hanno notato che la “riforma Gillespie” sarebbe più costosa, per le casse federali, di quella di Obama, e che porterebbe a una diminuzione degli assicurati. In ogni modo, l’attacco all’Obamacare non sembra aver portato grandi benefici. Sia Gillespie che McFadden sono destinati, secondo i sondaggi, a quasi certa sconfitta.

Ecco dunque che, sulla riforma sanitaria, i repubblicani hanno quest’anno realizzato un piccolo capolavoro. Ne hanno distillato tutte le possibili occasioni di scontro e di polemica, facendo dimenticare all’opinione pubblica i benefici della riforma; e hanno trasformato il presunto fallimento della riforma in un senso di generale scontento per la politica di Obama. L’uso dell’Obamacare a fini polemici continuerà, con ogni probabilità, anche nei prossimi mesi. Come spiegato proprio dal leader del Senato Mitch McConnell, i repubblicani non hanno i voti per seppellire la riforma, e Obama porrebbe comunque il veto a ogni tentativo di distruggere il “cuore” della sua legge. Eppure, come ha annunciato lo stesso McConnell, la cancellazione dell’Obamacare resta una “priorità” dell’azione legislativa dei repubblicani. Un modo per tenere ben vivo e desto – in vista delle presidenziali 2016 – il senso di rabbia e rivalsa dei più conservatori contro la legge “socialista” di Barack Obama.

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