I resti umani sono stati trovati sabato scorso dai dipendenti comunali impegnati nei lavori di pulizia di un canale di scolo tra il fiume Tanaro e la vecchia ferrovia, nelle campagne di Isola d’Asti. Adesso, soltanto gli esami del Dna potranno dire a chi appartenga quel cadavere. E forse mettere la parola fine al mistero sulla scomparsa di Elena Ceste, la casalinga di 37 anni svanita nel nulla lo scorso 24 gennaio. La donna ha lasciato il marito e i quattro figli a Castiglione d’Asti, a poche centinaia di metri da quella striscia d’acqua, ora sorvegliata notte e giorno dai carabinieri, che corre lungo una vecchia strada di campagna, interrotta dai binari della linea che porta ad Alba.

Gli investigatori dell’Arma e il pm della Procura piemontese, Laura Deodato, sospettano che quel corpo possa essere proprio della 37enne. Ma non si sbilanciano. Perché in questi nove mesi le indagini sono state viziate da troppe segnalazioni false, anche dall’estero (l’ultima da Tenerife). Troppi mitomani. Troppe svolte fiutate e poi sprofondate nel vuoto. E anche adesso, davanti a quel cadavere, rimangono molti dubbi e interrogativi. I resti, infatti, sono stati trovati in avanzato stato di decomposizione. Tanto da non poter dire se appartengano a un uomo o a una donna. Inoltre, ad un primo esame, sembra che l’altezza non corrisponda a quella di Elena: la struttura ossea e le dimensioni del femore farebbero pensare più a un uomo.

E infine, a inizio febbraio dalla zona è scomparso un imprenditore di 52 anni che si sarebbe suicidato per i troppi debiti. “Non possiamo dire niente – dice a ilfattoquotidiano.it il comandante provinciale, tenente colonnello Fabio Federici – Stanno per iniziare gli esami autoptici e dobbiamo aspettare l’esito del Dna che arriverà nei prossimi giorni”. Manca dunque il tassello finale, il più importante, che potrebbe completare il mosaico di questa storia fin dall’inizio troppo oscura. Cominciata con la denuncia del marito di Elena, Michele Buoninconti, vigile del fuoco ad Alba: “Mia moglie è scomparsa da casa. Mi aveva pregato di accompagnare i figli a scuola perché non stava bene. Non l’ho più vista”. E’ la mattina di venerdì 24 gennaio. I vicini racconteranno di aver visto la donna nel giardinetto davanti casa, con il cancello chiuso, vestita leggera, in maniche corte. L’uomo torna verso le 9. Elena non c’è più.

I vicini non l’hanno vista andare via né hanno sentito il cane abbaiare. Inghiottita dal vuoto. Sparita senza un bagaglio, senza il cellulare rimasto a casa, senza gli occhiali da vista o i documenti, e con l’auto ferma in cortile. Gli uomini del tenente colonnello Federici iniziano a setacciare i campi e i boschi della zona. Vengono svuotati i pozzi e scandagliati i corsi d’acqua. Si battono tutte le piste. Una la fornisce il marito: “Elena era ricattata da due uomini“. Perché? Per una foto nella quale era abbracciata ad un amico, sostiene. Ma i due verranno ascoltati e subito scagionati. Si ricomincia da capo. Si arriva a marzo e a una segnalazione che porta dritti a Torino. “Ho visto una donna come lei su un tram”, racconta un testimone.

I militari vivisezionano le immagini dell’azienda pubblica di trasporti: pista morta. Nel frattempo, infatti, una signora del capoluogo si riconosce nel video e i carabinieri si rimettono a lavoro. Il 19 marzo si ha la sensazione di trovarsi a un passo dalla svolta. Le acque del fiume Tanaro restituiscono un cadavere. Ma è quello di una suicida di Alba. Un’altra segnalazione porta lontano, a Tenerife. Niente anche stavolta. Infine l’ultima: Elena si sarebbe ritirata in un convento di suore di clausura nel monastero della Beata Vergine della Spina, che si trova a meno di 40 chilometri dalla sua casa. Un posto riconducibile al parroco del paese, con cui la donna spesso si confidava. Adesso si riparte da quel cadavere trovato nel piccolo canale di scolo nel bel mezzo delle campagne astigiane.

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