Raccontare una storia da dietro le sbarre, quando gli anni trascorsi in una cella sono così tanti che è quasi difficile tenerne il conto. Ci hanno provato a Parma una trentina di detenuti del carcere di massima sicurezza di via Burla, che con l’aiuto di 15 studenti del liceo artistico Paolo Toschi hanno realizzato un cortometraggio, il cui contenuto verrà svelato soltanto al momento della presentazione al pubblico. Per ora è solo noto il titolo dell’opera, Fuga d’affetto, risultato finale del laboratorio “Fare cinema in carcere… libera la bellezza”, che sarà proiettato lunedì 20 ottobre alla presenza di Agnese Moro, psicosociologa e figlia dell’ex presidente del consiglio ucciso nel 1978 dalle Brigate rosse. “Il lavoro è cominciato lo scorso anno – spiega Giuseppe La Pietra, responsabile del progetto portato avanti dalla cooperativa Sirio, di cui fa parte, e dall’associazione culturale Kinoki – Abbiamo proposto l’iniziativa alla direzione del carcere e loro l’hanno accolta positivamente. Il nostro obiettivo è quello di continuare a rendere socialmente e culturalmente vivo il dialogo fra il carcere e il territorio di Parma”.

Al laboratorio hanno preso parte 25 persone detenute nelle sezioni Alta Sicurezza 1 e 3 dell’istituto penitenziario in accordo con la direzione e l’area giuridico-pedagogica. A giugno 2013 è cominciato il lavoro: lezioni e seminari sul linguaggio cinematografico e televisivo, fino alla scrittura, dopo sei mesi, di un soggetto firmato dai partecipanti. A fare uscire il progetto scritto dal carcere ci hanno pensato poi i ragazzi del liceo artistico Toschi, che da febbraio a luglio 2014 hanno provveduto a regia e riprese insieme all’attrice Franca Tragni, coordinati da Michele Gennari e Mario Ponzi. “Non avremmo mai pensato di riuscire ad accomunare persone così diverse, che appartengono a realtà apparentemente inconciliabili e invece, con questo lavoro collettivo, è accaduto – aggiunge La Pietra – Certo, sarebbe bello che i ragazzi e i detenuti si incontrassero per davvero, e non solo per mezzo di questo progetto. Non escludo che possa accadere in futuro”.

Il corto, girato e montato all’esterno del carcere, è stato visto e corretto dagli sceneggiatori di via Burla, per poi essere messo a punto di nuovo e infine completato dagli studenti, che lo presenteranno lunedì sera. “Abbiamo invitato Agnese Moro perché si batte per la rieducazione in carcere, è contraria all’ergastolo – ha detto il responsabile – Sono stati gli stessi detenuti a richiedere la sua presenza, la volevano incontrare e lei era in città proprio per un altro progetto di narrazione che stiamo facendo con loro”. Dopo la presentazione del cortometraggio, infatti, la Moro parlerà agli studenti delle scuole superiori martedì 21 ottobre nell’incontro Un uomo così. Ricordando mio padre, mentre nel pomeriggio sarà in carcere per il laboratorio narrativo Etica sociale e legalità condotto dalla cooperativa Sirio, durante il quale si confronterà con i detenuti a partire dal suo vissuto e dalla condivisione di alcuni scritti di Aldo Moro.

Così l’occasione è diventata anche la presentazione di Fuga d’affetto, che sarà proiettato in una sala nel cuore del Montanara, il quartiere tra i più martoriati dall’alluvione del Baganza di lunedì 13 ottobre. In un primo momento si era pensato di rimandare tutto per rispetto degli abitanti travolti dall’ondata di fango e acqua, che ancora stanno scavando, ma poi è stato deciso di mantenere l’appuntamento “nel profondo rispetto verso quanti sono stati duramente colpiti dall’alluvione e con la consapevolezza che siamo anche a testimoniare la volontà di reagire, di andare avanti”.

“Vogliamo che sia un momento per la città, per tutti – spiega La Pietra – La cosa più bella nel costruire e realizzare questo progetto è stato vedere come persone che non escono da anni dal carcere abbiano così tanta voglia di raccontare. E poi, tutte le collaborazioni che sono arrivate strada facendo”. Al sostegno della Fondazione Mario Tommasini e al patrocinio della Provincia di Parma, si sono aggiunti artisti desiderosi di dare un contributo al progetto: i 99 Posse hanno concesso il permesso di poter utilizzare una loro canzone nel video, mentre un gruppo parmigiano, i Kabaré Voltaire, ha scritto una canzone appositamente per il corto. Per La Pietra questo “è il segno che c’è interesse al tema del dialogo, che di carcere bisogna parlare e discutere, perché non può e non deve diventare l’isola che non c’è”.

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