Ci sono gli annunci e ci sono state le promesse, ma ancora di concreto si è fatto poco o nulla. A quasi nove mesi dall’alluvione che ha colpito la provincia di Modena per l’esondazione del fiume Secchia, gli interventi per la prevenzione si contano sulle dita di una mano. Mentre da Liguria, Toscana e dalla vicina Parma arrivano le tragiche immagini della crisi dovuta al maltempo, nella pianura emiliana il pensiero va al fiume Secchia che a gennaio 2014 ha invaso campi e strade facendo oltre 200 milioni di danni e un morto. L’allarme lo lanciano, ancora una volta, i comitati locali: “Nel modenese siamo ancora ad alto rischio alluvione, nonostante le nostre abitazioni siano state allagate dal Secchia solo pochi mesi fa – spiega Elisabetta Aldrovandi, del comitato No Tax Area –la maggior parte degli interventi necessari a garantire la sicurezza del territorio non è nemmeno stata assegnata”. Nel ciclone ancora una volta c’è l’Aipo, Agenzia interregionale per il fiume Po, ente pubblico incaricato della manutenzione delle opere idrauliche del bacino fluviale tra l’Emilia Romagna, la Lombardia, il Veneto e il Piemonte. A parlare ora è anche la consigliera comunale Pd ed ex assessore Simona Arletti:  “Aipo”, spiega, “non si è dimostrata all’altezza rispetto alla manutenzione di fiumi, di cui è incaricata, col risultato che i cittadini sono preoccupati e hanno ragione. Ad oggi non è ancora stata avviata la pulizia dei letti dei fiumi, col risultato che il rischio esondazione rimane alto. In più è un’Agenzia appesantita dalla burocrazia e dalla necessità di rapportarsi con diversi enti locali, tanto che per intervenire impiega mesi, se non anni. Io credo che vada riformata”.

Se, infatti, in seguito all’esondazione del Secchia, l’ormai ex governatore della Regione Emilia Romagna Vasco Errani aveva incaricato una commissione tecnica di fare luce sulle cause del disastro, tra burocrazia e ritardi poche sono le opere messe in atto sulla base della relazione presentata al consiglio regionale lo scorso luglio. Molti interventi sono ancora in fase di assegnazione, e si corre contro il tempo per cercare di rispettare le scadenze espresse nella normativa. “Saranno appaltati entro la fine dell’anno per un totale di 23 milioni di euro”, ha detto l’Aipo a la Gazzetta di Modena. Secondo l’ordinanza numero 5 dell’8 luglio scorso, infatti, c’è tempo fino a fine anno per ultimare questa fase, a cui poi seguiranno gare d’appalto e infine cantieri. Tra le opere più importanti da realizzare, la messa in sicurezza degli argini del Secchia (13 milioni di euro), l’adeguamento della cassa di espansione del Panaro (1 milione di euro) e “i lavori urgenti” per sistemare le frane lungo gli argini del fiume, tra Bomporto, Nonantola, Castelfranco, Ravarino e Finale Emilia (8 milioni di euro). Oltre, ovviamente, alla pulizia di argini e fiumi.

Una promessa, quella di Aipo, che però non convince cittadini e comitati. Soprattutto perché l’inverno è alle porte e in questi nove mesi non ci sono stati interventi consistenti. “Passerà almeno un altro inverno prima che i lavori siano ultimati”, continua Aldrovandi – quando qui nella bassa bastano un paio di giorni di pioggia e si rischia un’altra esondazione”. “Gli argini – spiega il comitato – non sono stati puliti se non in pochissimi tratti, e così i fiumi, abbandonati a loro stessi dal 1973, col risultato che alberi e arbusti vi sono cresciuti attorno, aumentando il rischio alluvione. Ad oggi è stato riparato l’argine del Secchia che è crollato a gennaio, è stato messo in atto qualche intervento nella zona di Mirandola, ma il resto è ancora in alto mare. Il Panaro, che a sua volta a gennaio era in piena e rischiava di esondare, sembra un piccolo Rio delle Amazzoni. Siamo molto preoccupati”.

Lo stesso Errani, in seguito all’alluvione di gennaio, chiese che l’ente venisse riformato. Un’indicazione che ha indotto l’Agenzia, alle prese con la nomina del nuovo direttore, ad avviare, a marzo, e per la prima volta nella storia di Aipo, una procedura di selezione pubblica all’insegna della trasparenza. Sette mesi dopo la chiusura del bando, il successore dell’ex direttore Luigi Fortunato, a sua volta messo sotto accusa per l’alluvione, e oggi a capo dell’Area infrastrutture della Regione Veneto, tuttavia non è ancora stato individuato. E per ora a ricoprire l’incarico è l’ingegner Bruno Mioni. Il comitato d’indirizzo, formato da un rappresentante delle 4 regioni, aveva scelto Roberto Rosi Oreficini, che andare al Dipartimento nazionale della protezione civile. Quindi, secondo quanto riportato dal Resto del Carlino, il prossimo direttore potrebbe essere scelto tra cinque candidati: Gianfranco Larini, Stefano Salbitani, Gianni Menchini, Clara Caroli e Mauro Monti. Quest’ultimo, ex dirigente della provincia di Ferrara e oggi assegnato alla struttura tecnica del commissario alla ricostruzione post sisma, tra gli indagati nel processo per il crollo del capannone Ursa durante il terremoto del 20 maggio 2012, che costò la vita a Tarik Naouch.

“Il bando pubblico, però, è solo uno specchio per le allodole – commenta Aldrovandi – Fortunato, dopo la gestione fallimentare di Aipo sancita dall’alluvione, è stato sostanzialmente promosso, e ora si occuperà del Mose di Venezia, mentre l’ente continua a sprecare risorse e a pagare stipendi d’oro ai dirigenti”. “Oggi, in termini di sicurezza idraulica non ci siamo – rincara la dose anche Arletti – serve una riforma urgente dell’ente, oppure chissà quante alluvioni subiremo prima che finalmente il territorio sia sicuro”.

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