I più anziani in città dicono che a Parma così tanta acqua non si era mai vista da almeno cento anni. È un record di potenza e devastazione, l’esondazione del torrente Baganza che lunedì 13 ottobre ha sommerso mezza città, lasciando interi quartieri in mezzo al fango. L’acqua che fino a tarda sera ha travolto auto e strade, in una violenta ondata arrivata all’improvviso dopo un’intera giornata di pioggia, ha fatto crollare il ponte Navetta, storico passaggio pedonale che collegava due quartieri, sfondato muri di recinzione e portoni di case e negozi. E il giorno dopo, la conta dei danni è disastrosa. “E’ un dramma che si poteva evitare – mormorano alcuni residenti delle zone colpite, mentre spalano via il fango da garage e marciapiedi – L’alveo del torrente non è mai stato pulito, era ovvio che sarebbe successo questo e che il ponte non avrebbe tenuto”. A peggiorare la situazione, il giorno della piena, sono stati anche due container che trascinati dalla corrente, hanno fatto tappo sotto uno dei ponti, impedendo il passaggio dell’acqua e facendo straripare il letto del torrente. “Container abusivi di un privato – sottolinea qualcuno – Dovevano essere tolti da anni, ma nonostante le intimazioni del Comune, sono sempre rimasti lì”.

Molti ponti sul Baganza e sulla Parma, il torrente che attraversa la città, sono chiusi, e tra i quartieri Montanara, Molinetto e Oltretorrente, lastricati da acqua e fango, non si contano le cantine e i garage allagati, alcune famiglie hanno l’intera casa inagibile. La situazione è critica anche per le scuole e le case di riposo. Sott’acqua è finito l’Hospital Piccole Figlie, ancora sommerso, con i pazienti trasferiti in piena notte all’ospedale Maggiore di Parma. Nel cortile le auto rimaste galleggiano, mentre con le pompe di vigili del fuoco e protezione civile cercano di drenare l’acqua arrivata fino al primo piano dell’edificio. Anche il centro per anziani Villa Parma è stato evacuato, così come gli asili e le scuole nell’isolato dietro via Po, via Montanara e via Baganza, dove l’onda è arrivata con più forza. Gli istituti scolastici sono rimasti chiusi per tutta la giornata di martedì e lo saranno anche mercoledì, per agevolare al massimo le operazioni di soccorso.

Da lunedì 13 ottobre il sindaco Federico Pizzarotti e gli assessori fanno la spola tra sopralluoghi nelle zone colpite dalla piena e la sede della Protezione civile. Il primo cittadino ha lanciato un appello per chiamare a raccolta i volontari e in molti, in città e dalla provincia, hanno risposto, dividendosi in squadre coordinate dalla protezione civile e dai vigili del fuoco, aiutati dalla polizia municipale e anche dalla Finanza. Da tutta la Regione sono arrivate le forze della protezione civile con pompe e idrovore, a cui si sono uniti i cittadini armati di pale e stivali. Tra loro anche molti giovani, che con le scuole chiuse hanno deciso di organizzarsi per dare una mano alle famiglie e alle strutture colpite a mettere in salvo e in sicurezza case ed edifici pubblici. “Siamo venuti qui dal mattino – hanno raccontato due giovani – Abbiamo appuntamento con i nostri compagni. C’è tanto da fare, la situazione è grave”. A rallentare la macchina dell’emergenza è stato anche il black out, non ancora risolto, della centralina Telecom di via Po, invasa dall’acqua e ancora fuori uso. Molti parmigiani sono rimasti tagliati fuori dalla rete delle comunicazioni e le linee telefoniche e internet non sono ancora state ripristinate, nonostante i tecnici si siano messi subito al lavoro per rimediare alla situazione, che ha praticamente isolato la città nella prima giornata di allarme.

Man mano che passano le ore la situazione sembra aggravarsi, perché l’elenco delle emergenze e dei danneggiamenti appare molto più serio del previsto, con 13 famiglie che per i prossimi giorni non potranno rientrare nelle proprie abitazioni. “Abbiamo trovato una sistemazione agli sfollati – spiegano l’assessore al Bilancio Marco Ferretti e il vicesindaco Nicoletta Paci – Il numero preciso? Crescono di ora in ora purtroppo”. Pizzarotti e gli altri assessori sono nella sede della Protezione civile per l’ennesimo tavolo in cui organizzare i soccorsi in città. Il sindaco ha annunciato che chiederà lo stato di catastrofe naturale per i danni e manda aggiornamenti della situazione via Twitter e via Facebook, tra una riunione e l’altra.

Intanto nei quartieri la gente si rimbocca le maniche, invocando l’aiuto dell’amministrazione. “Non abbiamo ancora visto nessuno e ho perso tutto – spiega una donna, che dalla sua casa ha dovuto buttare divano, letto e frigorifero – Non mi è rimasto nulla, ora chiedo davvero che qualcuno mi aiuti”. C’è anche chi dice che qualcosa poteva essere fatto, dalla situazione di emergenza sottovalutata dalla protezione civile, fino alla pulizia del torrente e alla cassa di espansione mai realizzata per il Baganza. È proprio grazie a un bacino simile che per la città ducale è stata scongiurata l’esondazione del torrente Parma, che avrebbe messo in ginocchio l’intero abitato. Invece per il progetto riguardante il più piccolo e sottovalutato corso del Baganza, risalente al 2011, c’erano già da anni 16 milioni di euro stanziati. Soldi che però non sono mai stati utilizzati perché sempre rimasti bloccati, ma che ora forse saranno finalmente convogliati per realizzare un sistema di sicurezza idraulico per Parma. “Una situazione all’italiana – inveisce una famiglia, buttando via libri e poltrone dallo scantinato allagato – E’ tutta colpa della politica. Finché non muore della gente, nessuno pensa a intervenire su questi problemi che sono noti da anni”.

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