Fuori dell’Italia accade spesso che per reggere la concorrenza le società chiudano una divisione senza futuro (licenziando chi vi lavora) e al tempo stesso ne aprano un’altra assumendo personale con qualifiche diverse. Tentare di arrestare l’innovazione con le scartoffie dei tribunali e i sofismi dei legulei devasta il motore della crescita.
Infatti le economie che funzionano meglio temperano gli aspetti negativi di questi mutamenti con un sussidio di disoccupazione universale abbinato a programmi rigorosi di riqualificazione (non le truffe della nostra formazione professionale regionale). Perdere il lavoro è un fatto della vita, particolarmente spiacevole, ma difficilmente evitabile. Il modo più efficace per minimizzarne le conseguenze non sono le carte bollate, ma trovarne uno nuovo al più presto in un settore con prospettive migliori. Il sindacato nell’emergenza del 1992-93 attraverso la concertazione imbastita da Ciampi accettò la moderazione salariale in cambio della sicurezza del posto del lavoro (limitata ai propri membri). Dopo oltre venti anni quella sicurezza sono in pochi a goderla e l’innovazione è inesistente, per cui l’economia rimane in piedi solo grazie a salari sempre più bassi.