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Fedez e l’inno M5S: i parlamentari Pd come Berlusconi?

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Nei giorni scorsi c’è stato chi è riuscito a combinare guai peggiori dell’arbitro Rocchi. Non si tratta di un altro arbitro ma di due parlamentari Pd, Federico Gelli ed Ernesto Magorno, che si sono scandalizzati per l’inno del Movimento Cinque Stelle scritto da Fedez, sferzantemente critico nei confronti di Napolitano e del suo atteggiamento nella vicenda del processo sulla trattativa.

Già l’accusa di vilipendio proposta da un altro esponente del Pd, Stefano Pedica, era un po’ stonata per un partito che ha a cuore la libertà di espressione, ma la richiesta successiva rivolta a Sky di allontanare il rapper dal suo ruolo di giudice di X Factor supera ogni limite e la dice lunga su quali pasticcioni si aggirino tra le fila del più grande partito della sinistra.

Naturalmente è subito cominciato il balletto di accuse e repliche di stalinismo e fascismo. Senza andare tanto indietro nel tempo e tirare in ballo Mussolini, a me, che seguo con attenzione le vicende televisive, la richiesta dei due parlamentari ricorda un episodio molto più recente.

Protagonista Silvio Berlusconi che, di fronte a un dibattito in onda su La 7, assai critico nei suoi confronti, chiamò al telefono in diretta,  intimò a Iva Zanicchi di andarsene e aggredì pesantemente il conduttore, Gad Lerner, dimenticando che quella era un’emittente privata ma non di sua proprietà. 

Ecco, cercare di mettere becco nelle scelte di un’emittente privata come Sky non mi pare lontano, se non nei toni più soft, da quella assurda mentalità berlusconiana. E senza evocare Stalin e Mussolini assimilarsi a Berlusconi è già abbastanza imbarazzante per chi sta nel Pd e per chi l’ha votato.        

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Come avevo previsto, il mio ultimo intervento su questo blog ha suscitato una notevole serie di commenti, per lo più negativi. Com’è mia abitudine non ritorno sull’argomento, ma ce ne sono due – legati tra loro – che mettono in dubbio la mia professionalità sui quali non posso evitare di fare precisazioni.
Dice un lettore che sono incorso in un grave errore a proposito dell’antichissima squalifica di Rivera, che sarebbe stato sospeso non per dieci ma per sole cinque giornate, nelle quali il  Milan avrebbe riportato altrettante vittorie mentre il capitano sarebbe rientrato per la famosa sconfitta 3-5 di Verona. Aggiunge un altro lettore che se le cose fossero così, avrei mancato al primo dovere del giornalismo: quello della documentazione. Posso tranquillizzarlo: le cose sono andate proprio come ho scritto. Il primo commento fa confusione tra due diversi campionati: quello 71/72, in cui Rivera fu squalificato per dichiarazioni successive alla partita di Cagliari, restò fermo per 10 partite che il  Milan non vinse tutte, perdendo lo scudetto per un solo punto. La fatal Verona, come la definì Brera, appartiene al campionato successivo, 72/73. La confusione in cui cade il lettore-commentatore è forse giustificata dal fatto che anche nel corso di questo secondo campionato il  Milan fu vittima di vari errori arbitrali (tutti in buona fede , per carità) che costarono una squalifica a Nereo Rocco, reo di aver mandato a quel paese ( ma in dialetto veneto è più suggestivo) Concetto Lo Bello dopo una partita con la Lazio. Posso anche consigliare su queste vicende una meravigliosa lettura,  ‘La leggenda del paron’ di Gigi Garanzini. Come si vede sono documentatissimo e finalmente tutti capiranno di quale squadra sono tifoso fin dalla più tenera infanzia, evitando di invitarmi ad andare alla Pinetina.

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