Salta il tavolo al ministero dello Sviluppo per salvare i posti di lavoro alla Acciai speciali di Terni del gruppo Thyssenkrupp. L’azienda, secondo fonti sindacali, ha riaperto le procedure per il licenziamento di 550 persone, mentre gli operai scioperano e si preparano a nuove manifestazioni. Rimane da capire se il Matteo Renzi, che sulla vertenza aveva messo la faccia, intenda provare altre strade per arrivare a una soluzione. “L’esecutivo ha presentato un testo giudicato irricevibile, per diverse ragioni, dai sindacati e dall’azienda”, spiega Rosario Rappa, segretario nazionale Fiom Cgil. “Preso atto del nostro giudizio sul documento, ha rimandato alle parti la continuazione della discussione”. Se dalle parole del sindacalista sembra che l’esecutivo intenda sfilarsi dal confronto, il vicesegretario del Pd Debora Serracchiani, in conferenza stampa al Nazareno dopo la riunione della segreteria del partito, ha detto che “il governo non mollerà, continuerà la trattativa per portare a casa il risultato”. Un concetto ribadito dal premier, per il quale il fallimento della trattativa, arrivato proprio mentre il Senato votava la fiducia sul Jobs Act, è uno smacco che brucia. “Sono molto preoccupato, ma abbiamo tre mesi davanti per discutere”, ha detto Renzi. “Cercheremo di riaprire la ragionevolezza della proposta di mediazione, anche se le parti sono ancora molto lontane. Continuiamo a lavorarci con Graziano Delrio e Federica Guidi“. Lo stesso sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha ammesso di essere “reduce da una trattativa andata male, sulla Thyssen”, ma ha assicurato: “Non l’abbiamo abbandonata, continueremo a insistere”.

Il 4 ottobre, dal loggiato del sacro convento di Assisi, il presidente del Consiglio ha rivolto un pensiero “agli uomini e alle donne che in questo momento a Terni stanno aspettando la conclusione della difficile trattativa”. E, stando a indiscrezioni, ha ottenuto un prolungamento del confronto per altri cinque giorni prima dell’avvio delle procedure di mobilità. Ora però il tempo è scaduto e l’esecutivo ha visto fallire il proprio tentativo di vincere la complessa partita ternana e salvare centinaia di posti di lavoro. Il 17 luglio l’azienda, che conta 2.800 dipendenti, ha presentato un piano industriale che prevedeva una riduzione del personale di 550 unità in due anni e lo spegnimento di un forno dello stabilimento umbro. Le procedure di mobilità sono state ritirate all’inizio di settembre, dopo l’intervento del ministro Guidi. Si è aperto così un confronto al ministero di via Veneto, che nella notte è stato interrotto dalla bocciatura del testo del governo da parte di sindacati e azienda. In particolare, quello che i rappresentanti dei lavoratori contestano è la proposta sulla gestione degli esuberi. “Il documento del governo prevede 290 eccedenze, da risolvere con la mobilità volontaria”, precisa Rappa. “Ma una clausola prevede che, nel caso non si raggiunga quel numero con gli esodi volontari, gli altri esuberi siano risolti con licenziamenti da effettuare con il consenso delle organizzazioni sindacali. Una cosa mai vista”.

Poche ore dopo la rottura delle trattative, è arrivata la reazione dell’azienda. Fonti sindacali spiegano che Ast ha riaperto le procedure di mobilità per i 550 addetti del sito siderurgico e ha comunicato la disdetta di tutti gli accordi integrativi. “Un gesto che dimostra come l’azienda non abbia mai voluto fare un’intesa e che allontana ancora di più le parti”, è il commento di Massimo Ghini, segretario nazionale Uilm Uil. Le organizzazioni sindacali hanno così indetto uno sciopero e un’assemblea dei lavoratori per decidere le prossime mobilitazioni.

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