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Bari, trovata carcassa di un capodoglio. Forse era nel gruppo spiaggiato a Vasto

Un esemplare di circa otto metri di lunghezza si è arenato in zona San Vito, a Polignano a Mare. Centro tartarughe marine di Molfetta: "Governo faccia cessare pratiche per la ricerca del petrolio"
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Un altro capodoglio spiaggiato sulle rive del mar Adriatico. Un esemplare di circa otto metri di lunghezza si è arenato questa mattina (29 settembre) in zona San Vito, a Polignano a Mare, in provincia di Bari. Il cetaceo, in avanzato stato di decomposizione, potrebbe far parte del gruppo dei sette capodogli spiaggiati a Vasto il 12 settembre scorso. Al momento diventa difficile conoscere le cause della morte così come sarà difficile sottoporre la carcassa ad esame necroscopico.

“Continuano senza sosta lungo tutta la costa adriatica – sottolinea Pasquale Salvemini, responsabile del Centro tartarughe marine di Molfetta – gli spiaggiamenti di cetacei, delfini e tartarughe. Nel caso dei capodogli sotto accusa rimangono ancora le tecniche invasive come l’air-gun (esplosioni sottomarine utilizzate alla ricerca di petrolio sui fondali ndr) che producono un rumore fortissimo che spaventa e disorienta non solo i capodogli ma i cetacei in genere. Questo trauma porta i cetacei ad una riemersione troppo rapida con conseguente permanenza di gas nei vasi sanguigni per una mancata decompressione”.

Sul posto sono intervenuti gli attivisti del Centro di Recupero Tartarughe Marine di Molfetta, personale medico veterinario dell’Asl e militari della Capitaneria di Porto di Monopoli. Per Salvemini, “l’episodio è l’ennesima testimonianza di come l’uomo e le sue azioni siano la causa della ‘morte del mare’. Un mare malato di inquinamento e di cui viene interrotto il silenzio con pratiche di ogni genere. Lo spiaggiamento di decine di tartarughe negli ultimi giorni lungo tutta la costa adriatica (Monopoli, Molfetta, Barletta, Margherita) e del capodoglio è senza dubbio l’ennesimo campanello d’allarme che il mare ci sta dando”. Salvemini chiede al governo “di cessare le pratiche di ricerca del petrolio con tecniche invasive che al momento confermano la loro pericolosità nel preservare la fauna marina continuare a sostenere la biodiversità”.

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