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Obama ci prova: combattere senza sporcarsi le mani

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Il piano appare chiaro e semplice: “Indebolire e, a termine, distruggere lo Stato islamico“, che è “un’organizzazione terroristica che ha come unica visione il massacro dei suoi oppositori”. Ma il sentiero che il presidente Obama vuole percorrere in Siria, rilanciando la guerra al terrorismo, è stretto e fa discutere: l’idea è di appoggiare l’opposizione moderata al presidente al Assad contro l’estremismo integralista delle milizie jihadiste del nuovo Califfato, senza ben sapere chi aiuti e che effetti otterrai.

Il progetto è quello d’una coalizione volontaria internazionale, che può già contare sull’avallo, acquisito in Galles la scorsa settimana, di alcuni Paesi Nato. A Gedda, Kerry mette insieme 10 Paesi arabi, fra cui l’Arabia Saudita e le monarchie del Golfo, l’Iraq e l’Egitto, tutti schierati contro l’integralismo sunnita. La Siria di al Assad, esclusa a priori dalla coalizione, mette in guardia dalle conseguenze d’azioni non concordate sul proprio territorio: “Li considereremo attacchi”. E la Russia di Putin, che è al fianco di Damasco, pone il problema della legittimità di un intervento internazionale senza l’avallo dell’Onu e chiede che il Consiglio di Sicurezza ne sia investito: senza un mandato dell’Onu, l’azione della coalizione sarebbe un’aggressione. Come l’invasione dell’Iraq. La Turchia si chiama fuori. Israele appoggia, ma, ovviamente, non partecipa. La Gran Bretagna, dopo qualche esitazione, flette i muscoli, come ha subito fatto la Francia. L’Italia si tiene un passo indietro: tiene pronti gli aerei, ma per il rifornimento in volo, e addestratori per l’esercito di Baghdad – che sono dieci anni che si prepara e, malgrado istruttori ed equipaggiamenti, continua ad avere un grado di affidabilità bassissimo.

Nell’anniversario dell’11 settembre 2001, Obama dice: “Non cederemo alla paura”. Il presidente parla a una Nazione che vuole sì agire contro la minaccia terroristica, ma che teme di restare di nuovo impantanata in un conflitto, adesso che i ‘ragazzi’ stanno finalmente per tornare dall’Afghanistan. La notizia, di fonte ong, che i raid in Siria contro postazioni dell’Is hanno fatto 11 morti civili ridà corpo ai dilemmi occidentali, ma pure arabi, su come affrontare la minaccia del terrorismo, la cui sfida è decisamente cambiata, dopo l’uccisione di bin Laden e l’indebolimento di al Qaeda. Le nuove sigle hanno tattiche, strategie e obiettivi spesso locali e il Califfato crea uno Stato.

Cattive letture ed errori di valutazione hanno segnato l’approccio anti-terrorismo occidentale. E c’è da chiedersi se oggi siamo di fronte a una radicalizzazione della minaccia globale, o se non assistiamo piuttosto a episodi di una guerra intestina all’Islam.

Il Fatto Quotidiano, 12 settembre 2014

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