Anche fra i determinati jihadisti dell’Isis c’è chi non vuole più combattere. Sarebbero decine i cittadini britannici partiti alla volta della Siria che ora chiedono di tornare al Regno Unito, “delusi” perché erano partiti per combattere contro il regime di Bashr al Assad, mentre si ritrovano “a sparare in un conflitto tra gruppi ribelli”, spiega un portavoce del gruppo. Una delusione che li porta a chiedere la clemenza delle autorità inglesi, che nelle ultime settimane hanno inasprito le pene verso i cittadini inglesi che vanno a combattere tra i jihadisti musulmani, arrivando ad ipotizzare di impedirgli il ritorno in patria. È quanto si legge in prima pagina sul Times di Londra. Secondo il corrispondente della testata inglese Tom Coghlan, uno dei circa trenta militanti si sarebbe addirittura rivolto al Centro studi per il radicalismo e la violenza politica (Icsr) del King’s College di Londra per chiedere aiuto anche a nome dei propri compagni.

Il gruppo di jihadisti “pentiti” teme di subire lunghe condanne in carcere una volta ritornati in patria. Per evitare la detenzione, sarebbe quindi pronto a sottoporsi al programma contro il radicalismo islamico del governo di Londra e a forme di sorveglianza. Sarebbe la prima volta che jihadisti britannici in Siria e Iraq mostrano segni di “crisi” nel loro sostegno alle milizie dell’Isis. Di recente il governo di Londra ha innalzato l’allerta terrorismo temendo il ritorno dei circa 500 volontari partiti per il Medio Oriente, di fronte al rischio che commettano atti terroristici una volta tornanti nel Regno Unito. Il premier David Cameron si è anche impegnato a introdurre nuove misure per impedire a chi è andato a combattere all’estero di ritornare. Ed è proprio questo che temono i jihadisti pentiti, sempre secondo l’inchiesta del Times, ovvero di essere banditi dal loro Paese.

Ma perché questi volontari sono delusi dall’Isis? Secondo il jihadista che si è rivolto al King’s College, molti di loro erano partiti col desiderio di combattere contro il regime siriano di Bashar al Assad e invece si ritrovano impegnati in un conflitto tra gruppi ribelli rivali. “In questo momento siamo obbligati a combattere, che altre opzioni abbiamo?”, ha aggiunto il portavoce del gruppo.

Secondo Peter Neumann, direttore del centro anti-radicalismo, potrebbe essere molto utile trovare un modo per far rientrare questi militanti e di reintegrarli nella società. “Quelli che vogliono cambiare le loro idee possono diventare dei portavoce che mostrano la differenza fra la realtà sul campo e la propaganda dell’Isis”, ha detto Neumann. Un altro esperto, l’americano Daveed Gartenstein-Ross, si è detto non sorpreso della volontà di molti che vogliono abbandonare le armi. ”Passano il loro tempo a combattere altri ribelli ma allo stesso tempo è stato loro ordinato di compiere terribili atrocità che non si aspettavano”. Per Gartenstein-Ross non ci sono dubbi, nei prossimi mesi molti altri saranno pronti a lasciare il gruppo armato islamico.

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