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Aborto e sindrome di Down: quant’è sconosciuta ancora la disabilità

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Da qualche giorno alla base, dopo una bella estate all’insegna dello “stare fuori di casa”. Può sembrare abbastanza banale ma non lo è affatto. Dopo quasi cinque anni la nostra Diletta è tornata ad apprezzare il sapore di sale, il mare, il vento. Una bellissima soddisfazione poterci gustare giornate di autonomia di gruppo. Ormai le due sorelline sono abbastanza grandi e quindi è tutto molto più semplice e dinamico. Ammetto anche che con gli anni e tanta esperienza si inventano escamotage che oggettivamente rendono accessibile ciò che all’inizio, con Diletta piccola, avrei ritenuto impossibile.

La nota stonata sono state diverse notizie che si sono susseguite. Secchiate d’acqua pro Sla che mi hanno fatto venire i brividi e poi la sconcertante affermazione del biologo britannico Dawkins che consiglia di abortire feti con Sindrome di Down. Forse la secchiata d’acqua fredda avrebbe potuto sortire la sberla giunta con l’affermazione che personalmente trovo semplicemente ridicola. Dovrebbe far ridere (o forse piangere) scoprire che un biologo possieda certezze di questa portata. La scienza ha dimenticato di insegnargli la statistica e le sue lacune. Vorrei porre una domanda al signor biologo: cosa farebbe se suo figlio “sano” dovesse ammalarsi o avere un grave incidente che compromettesse le “funzioni sociali”? E con quali strumenti sarebbe pronto a giudicare dette funzioni? E in funzione di quale certezza scientifica può sentenziare che la vita di una persona affetta da Sindrome di Down sia meno soddisfacente di un’altra? Cadono le braccia nel continuare a constatare quanto la disabilità sia sconosciuta ai più.

Si può essere a favore o contro l’aborto. Non è questo il problema. Il vero dramma sta nel risvolto sociale che questo comporta rispetto chi esiste già. Gente, che senza riflettere genera affermazioni che non sono interpretate con malizia ma semplicemente lette, è lo specchio di quella società spesso molto ipocrita con la quale ci confrontiamo tutti.

Però questo signore ha una certa età, e devo dirlo, moltissimi suoi coetanei sono ben più moderni di lui. Cerchiamo di investire tanto sulla comunicazione e sul buon esempio. Dobbiamo uscire fuori sempre più, essere in prima linea e costringere quegli sguardi ad osservare, a capire, a usare il cervello per abbattere queste mostruose barriere mentali.

Sono convinta che arriverà il giorno in cui il mondo capirà che la diversità è una ricchezza. Non mi stancherò mai di ascoltare, raccontare e confrontarmi. Sono convinta che sia l’unico modo utile all’inclusione. In un mondo del rispetto sul quale si deve lavorare ancora molto

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