L’ufficialità arriva dopo l’incontro con la proprietà dell’azienda: lo stabilimento Coca Cola Hbc di Campogalliano (Mo) a ottobre chiuderà definitivamente. E la speranza di evitare i 57 licenziamenti prospettati a metà luglio dal colosso multinazionale, è debole. E’ un bilancio difficile quello del confronto tra i sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil e la Coca Cola, che il 26 agosto scorso si sono incontrati nella sede di Confindustria Modena per discutere del futuro del sito di Campogalliano, che l’azienda tra poco più di un mese chiuderà per aprirne uno nuovo a Buccinasco, nel milanese. E mentre i lavoratori lanciano una campagna di boicottaggio dello storico marchio internazionale, una letter campaign per posta e via internet per sensibilizzare i consumatori di tutto il Paese rispetto a ciò che sta succedendo all’interno della Coca Cola – l’annuncio, cioè, di circa 300 esuberi in Italia -, tutto ciò di cui si può discutere, al momento, è un piano sociale per tentare di ammorbidire, per i dipendenti, l’imminente licenziamento.

“Purtroppo – racconta Mario Zoin della Fai Cisl di Modena – non solo non ci sono possibilità che la Coca Cola Hbc decida di non chiudere lo stabilimento di Campogalliano, il contratto d’affitto, del resto, è già stato interrotto. Ma è difficile anche pensare di riuscire a scongiurare il licenziamento della maggioranza dei lavoratori”. Donne, soprattutto, di un’età inferiore ai 40 anni. Al tavolo in Confindustria Modena, dove si è cercata una soluzione per il sito da siglare con l’azienda entro i 45 giorni stabiliti dalla legge per trovare, dall’apertura della procedura di mobilità, avviata il 16 luglio, una soluzione in sede sindacale, spiega Zoin, “l’azienda si è mostrata molto rigida, e non sappiamo se si riuscirà a trovare un accordo o se si avvierà il percorso istituzionale per gestire la vertenza”.

La Coca Cola, spiegano i sindacati, ha infatti prospettato una soluzione solo per 37 dipendenti di Campogalliano, mentre per gli altri 20 si parla di licenziamento. Ma nemmeno il piano sociale proposto dall’azienda è una strada facilmente percorribile. “In pratica – racconta il delegato Cisl – Coca Cola ha proposto che 22 lavoratori si trasferiscano a Buccinasco, nel milanese, dove a partire da novembre la multinazionale aprirà una nuova sede, mentre 5 lavoratori continueranno a essere impiegati via telelavoro. A questi si sommano i 10 dipendenti che già non hanno una sede fissa, per lo più venditori, per i quali cambierà la sede di riferimento, da Campogalliano a Milano. Per tutti gli altri, la strada porta dritta alla mobilità”. Il problema è che la maggioranza delle dipendenti del sito modenese, circa il 97% dei 57 addetti della sede modenese, sono donne giovani, molte con una casa appena comprata, il mutuo da pagare, bambini piccoli di cui occuparsi, una famiglia appena formata: “E’ un’utopia credere che 22 di loro possano trasferirsi in poco più di un mese in un’altra regione”. Anche perché la scelta va fatta entro la fine di ottobre.

“Siamo molto insoddisfatti dal comportamento della Coca Cola – conclude Zoin – non riusciamo a capire la necessità di trasferire una sede che si occupa di telemarketing e servizio clienti in un’altra città. E per di più la soluzione da noi prospettata, circa la possibilità di aprire al telelavoro per almeno la metà dei dipendenti di Campogalliano, è stata accolta solo per 5 di loro, le non licenziabili, in maternità o con figli al di sotto di un anno di età. La situazione è molto pesante”. Secondo la Cisl, il rischio è che alla fine gli esuberi siano una quarantina. Una doccia fredda, insomma, che si aggiunge alla notizia circa la chiusura della sede in provincia di Modena, arrivata come un fulmine a ciel sereno il 16 luglio scorso, dopo che il giorno prima l’azienda aveva annunciato la messa in mobilità di 249 lavoratori nel resto dell’Italia. “Crediamo che Coca Cola voglia passare da un rapporto diretto con la clientela, attraverso i propri venditori, a uno indiretto, tramite un grossista che funga da intermediario – spiega il sindacato – da qui i licenziamenti”.

Difficile dire, quindi, se si amplieranno i margini per una trattativa. Al momento gli scenari possibili sono due: la chiusura del sito il 31 ottobre con mobilità immediata per chi non deciderà di trasferirsi, oppure la procrastinazione dei rapporti di lavoro per far scattare la cassa integrazione straordinaria, abrogata dalla riforma Fornero, che però entrerà in vigore a gennaio del prossimo anno.

“Dopo l’assemblea con i lavoratori – conclude Rossano Carnevali della Flai Cgil di Modena – incontreremo la Provincia, e vedremo se si riuscirà a trovare una strada condivisa”. Per ora, quindi, tra sindacati e azienda è tregua, almeno finché durerà la fase interlocutoria. La campagna di boicottaggio lanciata dai dipendenti del colosso multinazionale, invece, va avanti: “La mobilità proposta non si sposa molto con le azioni a sostegno della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro tanto pubblicizzata per le donne e le famiglie di tutto il mondo dalla Coca Cola – scrive una lavoratrice di Campogalliano, in una lettera che ha già fatto il giro del web – ma assomiglia più a un ritorno al passato, dove le donne sono lasciate a casa. Quanta credibilità può avere un’azienda che vanta azioni ‘rosa’ di copertina e poi le smentisce così? Se il femminile non persuade più, ci si augura che anche le donne siano sempre meno persuase dal prodotto Coca Cola”.

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