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Eredità Faac, non basta l’accordo tra diocesi e famiglia: il gip fissa l’udienza

La causa civile sui lasciti del patron della multinazionale dei cancelli automatici si è estinta con un'intesa transattiva. Ma il giudice non archivia l'inchiesta per tentata estorsione ai danni del vescovado da parte di 4 avvocati, ancora indagati
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Nonostante l’accordo transattivo tra l’arcidiocesi di Bologna e i parenti di Michelangelo Manini, che ha estinto la causa civile sull’eredità dello scomparso patron della Faac, multinazionale dei cancelli automatici di Zola Predosa (in provincia di Bologna) lasciata alla curia, non si chiude il versante penale della vicenda. Il gip Mirko Margiocco non ha infatti archiviato l’inchiesta per tentata estorsione ai danni della stessa arcidiocesi che vede indagati 4 avvocati (Alberto Gamberini, Mauro Barbieri, Maurizio Feverati e Sergio Scicchitano) e ha fissato un’udienza, il 2 dicembre, per discuterne.

La decisione è arrivata in seguito ad una memoria presentata il 26 maggio dall’economo dell’arcidiocesi, monsignor Gianluigi Nuvoli, entro i termini per un’eventuale opposizione. Letta la memoria della persona offesa del reato, il giudice ha fissato l’udienza, “ritenuto che l’archiviazione non possa allo stato essere accolta”. L’inchiesta per tentata estorsione (coordinata dal sostituto procuratore Massimiliano Rossi) riguardava presunte pressioni all’arcidiocesi da parte di emissari dei parenti dell’imprenditore che, facendo leva sulla durata decennale della causa civile, avrebbero voluto spingere la curia ad accettare un accordo. Ipotesi che la curia ha inizialmente rifiutato, presentando un esposto in Procura che aveva avviato indagini.

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