La mia collega che lavora con Fondazione Pangea a Calcutta martedì scorso mi ha inviato i commenti indignati a proposito della pubblicità choc del fotografo Raj Shetye sul sito Behance. The Wrong Turn, un titolo che parla da solo su quanto c’è di sbagliato nel servizio fotografico di moda. Si ritrae in un autobus indiano una bella ragazza, ben abbigliata, sola, circondata da uomini che la importunano e si lascia poco spazio alla fantasia mentre lei cerca di liberarsene. I vestiti e gli accessori passano chiaramente in secondo piano rispetto al palese richiamo allo stupro di gruppo che è avvenuto su un autobus a Delhi del dicembre del 2012 ad una ragazza di 23 anni, che ha perso la vita  pochi giorni dopo. Tutta l’India scese in piazza indignata. Oggi davanti alle foto che ripropongono questo argomento “nel settore della moda” migliaia di persone si sono sentite oltraggiate e come utenti dei social media hanno risposto e inviato messaggi di protesta.

Il fotografo inizialmente ha spiegato che la pubblicità non era in relazione ai fatti di Delhi: “Questo non è in alcun modo lo scopo di rendere di moda lo stupro, che è in assoluto un male, ma è solo un modo di mettere in luce quei fatti”. Per giustificarsi ha detto: “Il messaggio che vorrei dare è che non importa chi sia la ragazza. Non dipende a quale classe appartenga. Può capitare a chiunque” – e ha continuato – “Viviamo in una società in cui le persone ricche usano la macchina e non prendono mai l’autobus, mentre quelle povere viaggiano con i mezzi pubblici e sono in pericolo. Il mio intento era quello di mescolare queste due realtà così distanti tra loro e creare immagini originali, esteticamente forti”. 

Un utente ha sottolineato “Allora, qui vediamo gioielli invece di intestina, lacca al posto del sangue… Alcune persone sfrutterebbero qualsiasi cosa per la loro vanità, no? “. A ribellarsi alla mercificazione “fashion” della violenza e del dolore è anche Vishal Dadlani il famoso direttore musicale del mondo cinematografico supermiliardario indiano (bollyvood) che ha scritto su Twitter. “Ho appena visto una pubblicità di moda raffigurante lo stupro di gruppo di Delhi? Disgustoso! Spero che tutti coloro che sono coinvolti in questa pubblicità muoiano di vergogna! Porci insensibili!”.

 

Tutto ciò è veramente poco glamour. La moda dovrebbe farci sognare o ci vorrebbe sensibilizzare ai diritti violati nel mondo? Questo servizio fotografico in entrambi i casi non arriva allo scopo. Se passiamo dallo stereotipo già impossibile della “donna taglia 40-42” a quello dello stupro è proprio il caso di dire che non c’è mai fine al peggio e chi fa la moda, compresi i fotografi, non dovrebbe mai giocare così a ribasso, neanche nei periodi di crisi.

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