Sappiamo che ormai le distese ordinate di vigneti destinate a produrre vino di qualità non sono più un’esclusiva delle campagne francesi ed italiane. L’area di produzione si è infatti estesa raggiungendo numerose zone del pianeta. Eppure, agli occhi degli appassionati e dei bevitori occidentali suona ancora strana l’idea che i grappoli possano essere coltivati e sfruttati commercialmente anche in territori tradizionalmente legati a un clima apparentemente poco adatto a queste attività e con un tessuto socio-economico non sufficientemente sviluppato per rendere realmente redditizia un’impresa di questo genere. In cima alla lista di queste aree geografiche teoricamente off-limits si colloca, più forse per luoghi comuni difficili a morire che per reali ostacoli, l’Africa. Ma a smentire questa convinzione arrivano interessanti novità dall’Etiopia, dove il gigante francese del settore Castel ha imbottigliato la sua prima annata di vino prodotto con le uve delle vigne di Ziway, località che si trova 160 chilometri a sud della capitale Addis Abeba.

Un’impresa partita da lontano, nel 2008, quando Castel, che già lavorava nella zona, decise di sposare un progetto del governo locale che voleva sfruttare il settore vinicolo per dare al suo Paese una spinta sia dal punto di vista economico sia da quello dell’immagine. Un investimento di circa 20 milioni di euro che ora dà i suoi primi frutti sotto forma di bottiglie di Syrah, Merlot e Chardonnay prodotte sfruttando alcune caratteristiche fisiche ed economiche dell’area: dal suolo sabbioso, alla breve stagione delle piogge fino alla disponibilità di terre a prezzo conveniente e di manodopera.

Una scommessa dalla quale quest’anno sono scaturite 1,2 milioni di bottiglie destinate per metà al mercato interno e per metà agli etiopi emigrati all’estero. Un progetto ambizioso ma basato su alcuni calcoli precisi: in Etiopia infatti le bottiglie saranno messe in vendita per meno di 10 euro e sono di qualità superiore ai vini d’importazione collocati nella stessa fascia di prezzo. E anche dall’estero la risposta è stata buona, a partire da un misterioso acquirente cinese che ha comprato 24mila esemplari. Un’iniziativa nella quale tutti i soggetti coinvolti sembrano soddisfatti. Da una parte il governo etiope che, per bocca del Ministro dell’Industria Ahmed Abtew ha sottolineato all’agenzia France Presse la speranza che «vedendo le bottiglie di vino “made in Etiopia” le persone comincino a cambiare le loro convinzioni sul nostro Paese», attirando così maggiori investimenti esteri verso una nazione che ha già uno dei maggiori tassi di crescita del continente africano. Dall’altra Castel che, anche se prevede di trarre i primi reali profitti solo nel 2016, appare pronta ad aumentare il suo impegno fino a toccare una quota di produzione di 3 milioni di bottiglie all’anno, confidando su un trend economico considerato favorevole: «Le esportazioni per ora sono basse – ha spiegato il manager Olivier Spillebout – ma anno dopo anno cresceranno velocemente».

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