Dopo essere stato per anni uno dei Paesi con il più alto consumo di pillola anticoncenzionale, la Francia continua a registrare un crollo delle vendite delle pillole di terza e quarta generazione a base di nuovi progestativi, come il gestodene e il desogestrel: negli ultimi due anni la flessione è stata ben del 60 per cento, come fa sapere l’Agenzia francese del farmaco. Un fenomeno da collegare all’allarme lanciato dalle vittime di embolie e trombosi legate al consumo della pillola.

Il caso più eclatante è stato quella della 25enne Marion Larat, rimasta disabile dopo un ictus causato dalla pillola Maliane, presa per curare l’acne. Una vicenda, che insieme ad altri casi sospetti, aveva spinto il governo francese a decidere di non far rimborsare più dalla previdenza sociale, dal 31 marzo 2013, queste pillole e mettendo al bando la Diane 35, trattamento anti-acne usato spesso come contraccettivo.

L’allarme sulle pillole di terza e quarta generazione era scattato quando era emerso che il rischio di trombosi, flebiti o embolie polmonari era doppio nelle donne che facevano uso di questi medicinali (4 casi su 10 mila, invece di 2 casi su 10 mila per le pillole di seconda generazione). Da qui il crollo registrato del 60 per cento. Il calcolo, ha spiegato l’Agenzia del farmaco, è stato effettuato nel periodo tra gennaio e aprile 2014 rispetto agli stessi mesi del 2012. Nello stesso periodo la vendita di pillole di prima e seconda generazione è invece cresciuta del 36 per cento. Secondo l’Agenzia, “donne e medici preferiscono ormai contraccettivi che presentano meno rischi di sviluppare embolie”.

In Italia invece, dopo un primo momento di timori e interrogativi, non è stato registrato un calo per queste nuove pillole, che i ginecologi continuano a prescrivere senza problemi, come spiega Annibale Volpe, past president della Società italiana di contraccezione (Sic). “In Francia, Gran Bretagna e Italia c’è stata una grande polemica sull’uso di queste pillole – spiega – e una larga fetta di responsabilità ce l’hanno avuta i giornali. Comunque l’Agenzia europea del farmaco (Ema) e quella italiana, l’Aifa, hanno stilato un documento lo scorso gennaio, inviato a tutti i ginecologi, in cui si dice che i benefici associati all’uso di contraccettivi ormonali combinati (coc) superano di gran lunga il rischio di effetti indesiderati gravi nella maggior parte delle donne. E che quindi non è necessaria alcuna limitazione alle donne che li stanno già assumendo senza problemi, mentre va fatta una valutazione periodica dei fattori di rischio individuali”.

Tuttavia, riconosce Volpe, “non si hanno dati epidemiologici per chi usa le pillole più recenti con estradiolo, ma solo dati di laboratorio – continua – che dicono che sul metabolismo questi contraccettivi hanno un effetto neutro”. Il periodo più rischioso per un eventuale attacco di trombosi venosa, spiega il ginecologo, “è nel primo anno e in particolare nei primi tre mesi di pillola. Chi quindi assume i contraccettivi combinati, a base cioè di estrogeni e progestinici, da almeno un anno può stare tranquillo e continuare a prenderli”.

Inoltre, aggiunge il ginecologo, “va ricordato che l’8 per cento delle complicanze da pillola sono dovute ad una cattiva prescrizione. Per chi ha avuto episodi di trombosi, casi in famiglia, alterazioni genetiche della coagulazione o soffre di obesità, la pillola non è raccomandata”. La Sic, dal canto suo, ha appena pubblicato e inviato ai suoi medici iscritti, un questionario da sottoporre alla donna prima di prescriverle la pillola, per rilevare un possibile rischio di trombosi. “Non servono esami per prendere la pillola – conclude Volpe – ma è fondamentale la valutazione del medico”.

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