E’ necessario “eliminare le distorsioni concorrenziali nel settore degli autoservizi di trasporto pubblico non di linea causate dall’esclusione della disciplina dei taxi e del servizio di noleggio auto con conducente (Ncc) …dall’ambito di applicazione delle recenti norme di liberalizzazione” e “Al fine di rimuovere tale distorsione è necessario abolire gli elementi di discriminazione competitiva tra taxi e Ncc in una prospettiva di piena sostituibilità dei due servizi…anche in considerazione delle nuove possibilità offerte dall’innovazione tecnologica che ha determinato l’affermarsi di nuove piattaforme online che, agevolando la comunicazione tra offerta e domanda di mobilità, consentono un miglioramento delle modalità di offerta del servizio di trasporto di passeggeri non di linea, in termini sia di qualità che di prezzi”.

E’ questo il suggerimento che l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato ha indirizzato nei giorni scorsi a Parlamento e governo, entrando così in scena nella querelle che va avanti, ormai, da quasi un anno, tra Uber – la popolare app che consente ai consumatori di “chiamare” via smartphone un’autovettura con conducente – i tassisti, il Comune di Milano e, più di recente, il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Maurizio Lupi.

Non ha dubbi l’Autorità Antitrust, presieduta da Giovanni Pitruzzella, a schierarsi dalla parte delle “nuove piattaforme online” – Uber in testa anche se, naturalmente, nella segnalazione non viene mai citata espressamente – che devono poter operare liberamente nel nostro Paese e, soprattutto, lasciar lavorare le autovetture con conducente che, grazie ad esse, possono aumentare la concorrenza nel settore del trasporto pubblico locale non di linea.

E’ chiara ed inequivocabile l’indicazione dell’Authorithy a Parlamento e governo e, fuori dall’ingessato linguaggio istituzionale significa che è necessario fare tutto quanto utile affinché tali piattaforme possano affermarsi ancor di più sul mercato: legalizzare ogni strumento innovativo che aumenti la concorrenza senza nulla togliere alla tutela dei consumatori.

E non ha dubbi l’Antitrust che per raggiungere tale risultato, Parlamento e governo, debbano fare piazza pulita nel nostro Ordinamento di quei vincoli – evidentemente inutili e distorsivi della concorrenza a parere dell’Authority – dei quali, al contrario, da mesi, in tutte le proteste di piazza, si fanno scudo i tassisti per resistere all’innovazione e chiedere alle Istituzioni di dichiarare – esattamente al contrario di quanto oggi suggerisce l’Antitrust – Uber, fuori legge.

Bisogna abrogare, scrivono gli uffici dell’Autorità della concorrenza “l’obbligo di ricezione della prenotazione di trasporto per il servizio Ncc presso la rimessa” e “l’obbligo per il conducente di disporre di una sede, di una rimessa o di un pontile d’attracco necessariamente nel medesimo Comune che ha rilasciato l’autorizzazione”.

Una manciata di caratteri per spazzare via le tante resistenze che l’amministrazione comunale lombarda ha, sin qui, opposto alla diffusione della popolare app e le altrettanto evidenti incertezze e titubanze che hanno caratterizzato il recente intervento del Ministro Lupi nella partita.

Se l’innovazione porta concorrenza nel rispetto dei diritti dei consumatori, lo Stato deve spalancarle le porte e spianarle la strada.

Un approccio non comune in casa nostra dove politica e regole sembrano, più frequentemente vivere l’innovazione come una minaccia da frenare e rallentare che non come un’opportunità di crescita economica, culturale e democratica.

Ed è proprio di questo difficile rapporto tra innovazione e regolamentazione che si parlerà mercoledì pomeriggio, nell’ambito di Digital Venice, nell’evento “Innovation vs. regulation. Clash or opportunity?”, alla presenza dei rappresentanti di alcune tra le maggiori realtà innovative che operano nel nostro Paese e dei regolatori più coinvolti nella sfida.

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