Il governo spalanca le porte del settore del credito a compagnie di assicurazione, fondi e investitori esteri. Le banche continuano a tenere stretti i cordoni della borsa, come dimostrano i più recenti dati Bankitalia? Renzi da un lato le bacchetta, ricordando che dopo le decisioni della Bce “non ci sono più alibi” per non dare credito alle imprese, dall’altro mette in campo misure che puntano a liberalizzare il settore e sviluppare canali di finanziamento alternativi. Con il risultato che nelle casse degli istituti di credito arriveranno meno interessi e commissioni. Va esattamente in questa direzione il decreto legge “Finanza per la crescita”, varato dal Consiglio dei ministri di venerdì 13 giugno ma presentato nei dettagli solo mercoledì dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e dalla titolare dello Sviluppo economico Federica Guidi.

Un pacchetto che a regime, secondo la Guidi, promette un’iniezione di liquidità nel sistema economico pari addirittura a 20 miliardi di euro, anche se Padoan è stato più cauto e ha parlato, senza dare cifre, di “un beneficio permanente per l’economia”. Il testo prevede tra l’altro che le compagnie di assicurazione e le società di cartolarizzazione potranno concedere credito in modo diretto alle imprese. Non solo: un nuovo regolamento in fase di stesura liberalizzerà il credito diretto da parte dei fondi ed è in consultazione anche un nuovo regolamento dell’Ivass (istituto di vigilanza sulle assicurazioni) che amplia le possibilità di investimento delle società assicurative nell’economia reale. Tutte mosse che per Padoan, sulla cui testa è appena arrivata la tegola della procedura di infrazione per i ritardi dei pagamenti della pa, dovrebbero mettere la “ripresa su un sentiero solido”. Secondo la Guidi le misure dovrebbero “dare uno choc positivo alle imprese” e dare accesso a “canali alternativi di accesso” ai prestiti, considerato che quelli bancari non accennano a riprendere quota. Notare che l’esposizione del “pacchetto” arriva proprio nel giorno in cui l’Abi, la lobby delle banche, ha consegnato a Padoan un dossier in cui chiede che siano “rimosse le discriminazioni” che penalizzano gli istituti italiani rispetto ai concorrenti europei, rivendicando gli “sforzi” compiuti negli anni della crisi. 

Salta la ritenuta sui finanziamenti di fondi e assicurazioni esteri – Si rafforza poi il credito da parte di investitori stranieri, con l’eliminazione della ritenuta d’acconto sui finanziamenti a medio-lungo termine da parte di banche, fondi di credito e assicurazioni estere. Sul fronte dell’accesso al finanziamento alternativo, arriva un colpo di spugna sui vincoli fiscali che oggi lo limitano, come la ritenuta d’acconto sugli interessi e i proventi sulle obbligazioni non quotate collocate presso investitori qualificati (il cosiddetto private placement). L’estensione dell’imposta sostitutiva anche alle cessioni di crediti garantiti permetterà poi agli investitori di acquisire pacchetti di crediti senza pagare imposte gravose per trasferire le garanzie accessorie.

Credito di imposta per gli investimenti – Nelle slide presentate mercoledì compaiono poi nuovi incentivi agli investimenti, alla quotazione e al rafforzamento del capitale delle imprese: un credito di imposta al 15% sugli investimenti di almeno 10mila euro in macchinari e beni strumentali effettuati nei prossimi 12 mesi e superiori rispetto alla media dei 5 anni precedenti. C’è poi il potenziamento dell’Aiuto alla crescita economica (Ace), che detassa gli aumenti di capitale e gli utili reinvestiti.

Arrivano le azioni con doppio diritto di voto – Il decreto prevede anche che sia possibile emettere azioni a voto multiplo: gli statuti delle imprese potranno essere modificati attribuendo “un diritto di voto maggiorato, con un limite di due voti, per tutte le azioni detenute da uno stesso azionista per un periodo non inferiore a ventiquattro mesi”.

Paletti più flessibili sull’obbligo di offerta pubblica per le pmi – Ci sono poi semplificazioni per le spa, con una riduzione del capitale sociale minimo da 120 a 50mila euro. E cambia anche la normativa per far scattare l’obbligo di offerta pubblica di acquisto sulle pmi: negli statuti delle piccole e medie imprese potrà essere inserita una soglia diversa dall’attuale 30%. Dalla relazione illustrativa della bozza del Dl, emerge che la misura è volta “a incentivare la quotazione delle Pmi a proprietà familiare”. E “ciò consentirebbe alle singole società la facoltà di diminuire o aumentare la loro contendibilità, in funzione delle specifiche esigenze”.

Aggiornato da Redazioneweb alle 14 di giovedì 18 giugno 

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