La prima notizia del giorno è che la matematica è un’opinione. La seconda è che il Mondiale lo vincerà il Brasile. Lo dice la Goldman Sachs. Non solo finanza quindi ma anche previsioni per la banca d’affari di Wall Street. Alla faccia delle profezie di Nostradamus e dei Maya. Secondo la Goldman Sachs, la Seleção ha il 48,5% di probabilità di vincere la finale, a fronte del 14,1% dell’Argentina. L’Italia? solo 1,5%.

La banca americana ha pubblicato un rapporto statistico in cui fa i suoi pronostici sull’andamento della manifestazione di calcio più attesa dell’anno. Il report “World Cup and Economics 2014” propone 61 pagine di statistiche e tabelle che, con incroci di numeri e dati di circa 14 mila partite internazionali dal 1960, permettono di decifrare l’epilogo dell’evento. Brasile campione quindi, con i nostri Azzurri che usciranno ai quarti ancora una volta contro le Furie Rosse spagnole, dopo aver eliminato l’Inghilterra nel girone e superato la Colombia agli ottavi. Tra le sorprese? L’Iran, che supererà la prima fase.

C’è da dire che nel 2010 il report matemagico di Goldman Sachs aveva indicato come favorito sempre il Brasile per la conquista del Mondiale in Sudafrica, seguito da Spagna e Olanda. Ma la nazionale brasiliana uscì ai quarti mentre Spagna e Olanda arrivarono davvero a giocarsi la finale vinta poi da Casillas&Co. Una statistica bizzarra, banale e inutile.

Peccato che una delle più grandi banche d’affari del mondo non abbia previsto la crisi dei subprime scoppiata alla fine del 2006. Prima crisi finanziaria, poi economica. O forse si, manager e banchieri l’avevano prevista davvero ma hanno preferito tacere e riempirsi la bocca di Crispy Mcbacon pur di non parlare e sorseggiare Coca-Cola ghiacciata in compagnia della famiglia Lehman e dei Blues Brothers.

“Anche se le leggi della matematica si riferiscono alla realtà, non possiedono una veridicità assoluta, e se l’avessero, allora non si riferirebbero alla realtà”. Lo diceva Albert Einstein. Forza Italia, invece lo diciamo noi. Senza fare calcoli. E ora che le Europee sono finite possiamo anche urlarlo in piazza.

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