Un noto editorialista, oggi, in relazione al ddl sul cosiddetto “divorzio breve” appena licenziato in Commissione Giustizia alla Camera, scrive il suo pezzo dissertando sulla rapidità che contraddistingue la nostra epoca moderna, con un incipit di leggera – nel senso di malaccorta e non di levità – disinformazione. “Dunque si potrà divorziare consensualmente in sei mesi…”

In pratica, il testo prevede che il matrimonio potrà essere sciolto  definitivamente dopo 6 mesi dalla notifica della separazione consensuale (anche in presenza o meno di figli minori, visto che questi sono ormai ampiamente tutelati dal nostro ordinamento giuridico) o dopo 12 dopo quella giudiziale. Respinti gli emendamenti della Lega italiana per il divorzio breve (Partito radicale) che intendevano eliminare – in presenza di ben motivate ipotesi – il passaggio della separazione legale. Oltre alla riduzione dei tempi, il ddl prevede che la comunione dei beni si scioglierà nel momento in cui il magistrato autorizza i coniugi a vivere separati, e la disciplina transitoria che garantisce l’immediata operatività della legge anche nel caso il procedimento di separazione risulti pendente all’entrata in vigore della nuove norme.

Quel ddl – che andrà in aula a Montecitorio il prossimo 26 maggio – non dice affatto che si potrà divorziare in sei mesi, ma è in realtà una riforma che modificherebbe solo i tempi della separazione abbreviandoli; per questo sarebbe più giusto chiamarlo “separazione breve”. Beninteso, rispetto all’attuale normativa in tema di diritti, sarebbe purtuttavia un grande passo avanti, e questo è un fatto di non poco conto.

“E’ difficile stare in equilibrio quando si va veloce. Ancora di più abbozzare progetti a lungo termine”, scrive sempre l’editorialista.

Ancora più difficile quando sotto i piedi la terra frana, diremmo noi. E chi può dire di quanto tempo c’è bisogno per decidere se rimanere o divorziare, quando un matrimonio non funziona più, se non chi è dentro quel matrimonio?

Tra l’orologio atomico di Bonn e la Teoria della Relatività, c’è il Tempo della finitezza umana, e ancor più, dell’orologio biologico delle donne.

Oggi viviamo più pienamente le nostre vite e non siamo certamente noi a dover trovare un altro modo di pensare e di vivere. Lo abbiamo già trovato. Casomai sono la politica e il diritto a dover normare i comportamenti della società che è più avanti di loro.

 

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