La cucina in tv si divide in due filoni: quello casalingo nazionalpopolare che ha come paladine Antonella Clerici e Benedetta Parodi, e quello fighettino chic da pay tv incarnato da Carlo Cracco e Bruno Barbieri. Entrambi, almeno per quel che mi riguarda, sono indigeribili. Troppa cucina della nonna il primo, troppe microporzioni belle che non ballano il secondo.

Per fortuna, fuori dai canali generalisti e dal monopolio satellitare di Sky, c’è una terza via, free ma per nulla mainstream: Unti e bisunti su Dmax (canale 52 del digitale terrestre).
Ieri sera è partita la seconda edizione di questa buffa gara di cucina tra i vicoli delle città d’Italia, con Chef Rubio che, con la scusa della sfida, mostra uno spaccato sconosciuto dei sapori tipici del nostro paese. Non aspettatevi le ricette banali della Clerici o quelle elaboratissime della cucina di MasterChef. Gabriele Rubini, aka Chef Rubio, non è tipo da piano cottura a induzione o materie prime griffatissime. Si sporca le mani sul serio, racconta sapori e umori di un’Italia diversa da quella che impacchettano a tavolino gli altri cuochi della tv. Va a scovare venditori ambulanti di leccornie senza tempo, molte delle quali farebbero rabbrividire vegetariani e maniaci dell’igiene, e li sfida con la sua spassosa spacconaggine frascatana. A volte le dà, a volte le prende. Ma Rubio è un ex rugbista e sta al gioco.

Unti e bisunti è un format molto scritto, in realtà, con poco spazio lasciato all’improvvisazione. Ma quando la scrittura è di qualità, e in questo caso lo è eccome, tutto fila liscio alla perfezione e la narrazione televisiva risulta gradevole e fuori dall’ordinario.

E poi c’è Rubio, che sembra essere nato per stare davanti a una telecamera e che regge il programma sulle sue possenti spalle da sportivo e lo porta in meta con una facilità disarmante. C’è molta romanità, forse troppa per chi vive da Orte in su, ma è proprio quella la sua cifra stilistica ed è quello che conquista telespettatori e, soprattutto, “navigatori”. Rubio è un mito sui social, soprattutto su Twitter, e ha ormai uno zoccolo duro di estimatori che apprezzano giustamente la verace sincerità del suo racconto culinario-televisivo. Aggiungiamo, il che non guasta, che trattasi di un gran bel ragazzo, ruspantissimo e tatuato, e il personaggio è bell’e pronto. Come ogni rugbista che si rispetti, poi, Rubio è anche diventato una icona gay, e anche questo è un ingrediente che oserei definire fondamentale per la creazione del caso televisivo, soprattutto se parte dai social network.

Chissà quante casalinghe conoscono Dmax. O quanti indivanati abbonati Sky sanno che il canale free di Discovery Channel è presente anche nel bouquet satellitare. Forse pochi. E viene quasi da sperare che tali restino, visto che non vorremmo mai che il verace e sexy Rubio venga normalizzato dalle dinamiche televisive tradizionali (o da quelle impomatate ‘made in Sky’) e trasformato in un Cracco qualsiasi.

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