Visto che gli stipendi dei nostri manager pubblici sono un elemento particolarmente sensibile della vita sociale, vorrei affidare al vostro giudizio, una volta ogni tanto, una certa situazione. In cui valutare se quel professionista merita i soldi che guadagna, sia rispetto a ciò che vale, sia rispetto al momento storico che stiamo vivendo, sia rispetto ai risultati ottenuti. Naturalmente, qui parleremo dei soldi dei cittadini, cioè di stipendi elargiti dallo Stato. Abbiamo visto tutti che il caso di Mauro Moretti, ad di Ferrovie, ha scatenato una semi-reazione popolare, di cui certamente non si può non tenere conto (anche se come sapete, per il sottoscritto certi principi restano sacri).

Il primo caso che vi sottopongo è quello del commissario tecnico della Nazionale italiana, Cesare Prandelli. Sul Corriere della Sera di oggi era possibile leggere un pezzo interessante di Alessandro Bocci, serio cronista e solitamente ben informato (lo dico perché lo conosco), il quale riferisce dei contatti stringenti della Federazione per poter chiudere il “nuovo” contratto che dovrebbe legare il ct ai colori azzurri. È una svolta recente, in realtà sino a qualche settimana fa Prandelli aveva fatto capire che non avrebbe rinnovato – forse preferiva il giorno per giorno da allenatore, forse era deluso per un progetto limitato alla Nazionale maggiore -, fatto sta che a un certo punto gli equilibri sono cambiati. Così cambiati che proprio nel pomeriggio è arrivata la lieta novella del rinnovo: sarà di due anni e Prandelli si è detto «soddisfatto e orgoglioso del fatto che la Federazione mi abbia proposto un contratto biennale a prescindere dal risultato del Mondiale».

«I soldi, invece, – scriveva Bocci sul Corriere – non saranno un ostacolo. La Federcalcio, pur di tenersi l’uomo che ha dato un gioco e una mentalità nuova alla Nazionale, è pronto a un ritocco e Cesare non pretende la luna (testuale, ndr)…Il contratto che sarà proposto a Prandelli sarà un biennale da poco meno di un milione e mezzo di euro a stagione». Ecco, se la proposta della Figc è stata di poco meno di un milione e mezzo a stagione, Prandelli non avrà faticato, in una trattativa tra gentiluomini, a strappare la cifra tonda: uno e mezzo. Quindi attestiamoci su questa cifra e cerchiamo di capire se ha un senso compiuto rispetto alle coordinate che ci siamo dati.

Cominciamo dall’indicazione di Matteo Renzi, il presidente del Consiglio, il quale ha intenzione di equiparare gli stipendi dei manager di Stato all’assegno annuo che riceve il Capo dello Stato: 239.181 euro, al lordo delle tasse. Benissimo. La prima domanda che è lecito porsi è come mai la Figc che fa parte del Coni, organismo del tutto statale, non “senta” l’obbligo di ottemperare a questa indicazione del premier. Vedremo se Renzi avrà la forza di imporsi sul presidente Abete, ma intanto ci sentiamo autorizzati a buttare lì un’ipotesi maliziosa: non è che il calcio, religione nazionale, passione dirompente, imbuto che inghiotte interessi miliardari, viene considerato un intoccabile tabernacolo, al punto che le regole che valgono per i cittadini semplici si derubricano a bagattelle fastidiose quando di tratta dei nostri muscolosi milionari? Un Prandelli che dovesse guadagnare la “misera” cifra di 239.181 sarebbe un commissario tecnico dimezzato, verrebbe guardato dall’alto in basso dai suoi ragazzi solo perché guadagnano dieci volte tanto?

Cesare Prandelli è persona sensibile e seria. Ha portato all’interno della Nazionale il senso di certi valori, ha preso i giocatori per mano e li ha condotti in territori del pensiero inesplorati, dove ci sono i valori di un Paese. Perché non aprire anche un fronte economico, partendo proprio dal suo stipendio? Tra l’altro, il buon Cesare è molto amico di Renzi, perché dovrebbe esserne un privilegiato?

Resterebbe da esaminare il rapporto tra soldi ricevuti e risultati ottenuti, quell’elemento che in ogni settore professionale è decisivo per capire la liceità di una condizione economica. Ma qui siamo nella terra dei cachi, il calcio, e dunque con una sessantina di milioni di commissari tecnici non mi sento di insistere. Tra l’altro c’è un Mondiale alle porte e molto dipenderà dalla nostra gitarella in Brasile.

 

 

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