“Lo Stato può fare quello che desidera: sconterà che una buona parte di manager andrà via, lo deve mettere in conto”. L’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, il 61enne Mauro Moretti, Cavaliere del Lavoro dal maggio 2010, ne è assolutamente convinto: niente super emolumenti, niente boiardi di Stato. Tanto che alla richiesta di un commento sull’ipotesi di riduzione dei compensi per i manager di Stato e, quindi, sulle sue intenzioni in caso di un taglio della sua retribuzione ha replicato senza possibilità di equivoci che “non c’è alcun dubbio” sul fatto che valuterà di andarsene e alla fine l’ad di Ferrovie ha chiuso lo scambio con un “mi fido di Renzi”.

D’altra parte il presidente del consiglio aveva detto che “sono convinto che quando Mauro Moretti capirà la ratio dell’intervento, sarà d’accordo con me. E io non intendo rinunciare a questa battaglia”. Ma, appunto, sarà una battaglia dura. Anche perché se c’è qualcuno che di aziende pubbliche italiane se ne intende, Moretti è senz’altro tra questi. L’ex segretario nazionale della Cgil Trasporti ha infatti costruito tutta la sua carriera sui mezzi pubblici: la vittoria del concorso per i ruoli direttivi di quella che era un tempo l’Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato risale a subito dopo la laurea, nel 1977. Da allora, recita il suo curriculum pubblicato sul sito Fs, “la sua carriera professionale si è svolta tutta nella stessa Società in cui ha ricoperto numerosi incarichi in diversi settori di attività ed in varie Società del Gruppo Ferrovie dello Stato” del quale è diventato amministratore delegato nel 2006.

“Per il momento credo vogliano tagliare gli stipendi dei supermanager dello Stato. Io prendo 850mila euro l’anno, il mio omologo tedesco ne prende tre volte e mezzo tanti: siamo delle imprese che stanno sul mercato ed è evidente che sul mercato bisogna anche avere la possibilità di retribuire, non dico alla tedesca e nemmeno all’italiana, ma un minimo per poter fare sì che i manager bravi vengano dove ci sono imprese complicate e dove c’è del rischio ogni giorno da dover prendere”. E anche qui Moretti è senz’altro un caso esemplare, visto che dopo la Strage di Viareggio del giugno 2009, è stato a chiamato a rispondere dei fatti dal Tribunale di Lucca dove da novembre 2013 si sta celebrando il processo per capi di imputazione che vanno dal disastro ferroviario colposo all’incendio colposo, passando per l’omicidio e le lesioni colpose plurime. 

A giudizio dell’ad di Ferrovie comunque “ci sono forse dei casi da dover rivedere, ma la logica secondo cui uno che gestisce un’impresa che fattura” oltre 10 miliardi di dollari l’anno, “come la nostra, debba stare al di sotto del presidente della Repubblica è una cosa sbagliata. Sia negli Stati Uniti che in Germania, sia in Francia che in Italia il presidente della Repubblica prende molto meno dei manager delle imprese”. Secondo Moretti, infatti, “una cosa è stare sul mercato, altro è fare una scelta politica. Chi va a fare il ministro sa che deve rinunciare agli stipendi perché va a fare un’operazione politica: questa – ha concluso – è una sua scelta personale“.

Secondo l’ultimo rapporto di Palazzo Chigi sui redditi e i patrimoni dei dirigenti dello Stato e della Pubblica Amministrazione datato gennaio 2014, relativamente al 2012 Moretti ha  dichiarato entrate per 1,046 milioni di euro. Il suo incarico alle Fs è scaduto l’anno successivo, nell’estate del 2013, quando è stato rinnovato con tanto di congratulazioni del ministro dei Trasporti Maurizio Lupi “a Pietro Ciucci, Mauro Moretti e Lamberto Cardia per la conferma alla guida di Anas e Ferrovie dello Stato Italiane. Si tratta di due aziende strategiche per gli investimenti infrastrutturali del Paese con una particolare attenzione al trasporto pubblico locale e alla liberalizzazione dei servizi”. Ma anche due aziende decisamente fuori misura rispetto al tetto dei compensi dei manager che era stato da pochi giorni fissato in 300mila euro. Con una legge in attuazione delle disposizioni del governo Monti che però aveva escluso proprio i vertici delle Ferrovie, visto che il gruppo lo scorso anno ha emesso strumenti finanziari quotati diversi dalle azioni (bond), rientrando così nelle eccezioni del tetto per gli stipendi. E, fuga o meno, è verosimile che per qualsiasi modifica bisognerà aspettare la fine del mandato, nel 2016, quando cioè Moretti sarà a un passo dalla pensione.

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