Un ginecologo in predicato di partire per Los Angeles come “esperto culturale” e un professionista delle tecniche di imballaggio spedito invece come “addetto scientifico” in Canada, a 15mila euro al mese. Mentre il Ministero degli Esteri, in barba a un’ondata di appelli, si appresta a chiudere una decina di Istituti Italiani di Cultura continua ad alimentare lo spreco degli incarichi d’oro assegnati senza alcuna trasparenza. E così ritroviamo in giro per il mondo direttori nominati dal potente di turno, esperti culturali che tali non sono mai stati e sedicenti “addetti scientifici” incaricati con molta fantasia curricolare e stipendi da diplomatici. Tutti a sfatare il mito nostrano che “con la cultura non si mangia”. 

La figura centrale di questa immensa rete diplomatico-culturale è il “direttore”. L’ultima casella che si è dovuta liberare a forza è quella di Federica Bindi. Gli ispettori del Mef hanno bussato alla sede dell’Istituto di cultura di Bruxelles che dirigeva dal 2012 e hanno riscontrato “gravi irregolarità amministrative per 330mila euro”. La Bindi, va detto, non s’è messa in tasca un soldo, solo non ha pensato che la promozione della cultura dovesse avere una contabilità in regola. Un’attitudine caratteristica di personalità esterne nominate alla direzione degli IIC senza una competenza della prassi corrente dell’amministrazione. E questo succede perché accanto ai direttori che appartengono ai ruoli del ministero e hanno una preparazione specifica, assurgono all’incarico anche i “chiara fama”. 

Fu Gianni De Michelis a introdurli per legge (n. 401/1990), prevedendo la facoltà del ministro di nominarne fino a 1o in virtù del loro indiscusso “prestigio culturale” e dell’elevata competenza nella promozione culturale. Presto divenne invece un sistema della politica per controllare le sedi più prestigiose e strategiche, affidandone la direzione a persone di fiducia. Gli incarichi, del resto, sono ambitissimi e non solo per questioni di prestigio: la qualifica e il trattamento economico dei direttori sono equiparati infatti a quelli del consigliere d’ambasciata e la loro indennità di sede estera (Ise, esentasse per altro) è superiore fino del 30% di quella di qualsiasi funzionario pubblico. In soldoni si portano a casa tra i 12 e i 15mila euro al mese, più della dotazione media che il Ministero assegna agli istituti che vanno a dirigere per le loro attività culturali. Ogni volta che si libera un posto, quindi, c’è la fila davanti alla porta del ministro. Ma nessuno, da fuori, la vede. La vacanza dei posti è annunciata sul sito del ministero, ma non c’è selezione pubblica e le procedure di scelta sono del tutto arbitrarie, spesso sganciate dal merito e dalla competenza. Così il sistema dei “chiara fama” ha prodotto effetti disastrosi e imbarazzanti. Ecco alcuni esempi. 

Una delle poltrone più ambite e prestigiose è l’Istituto di New York. Un Direttore lì può arrivare a 17mila euro al mese con moglie e figli a carico. E la poltrona è attualmente vacante. L’ultimo a occuparla, infatti, è stato il professor Riccardo Viale scaduto pochi giorni fa. Dietro di sé lascia gravi problemi amministrativi e contabili, e non pochi rilievi da parte della Corte dei Conti. Il nome che gira è quello di Antonio Monda, scrittore e giornalista. Non è l’unica direzione finita senza gloria. Si può ricordare Angela Carpifave, nominata nel 2003 a Mosca e revocata da Fini l’anno seguente per manifesta incompatibilità ambientale; Patrizio Scimia, un tecnico dell’ENEL privo di competenze in ambito culturale, inviato a Madrid dal sottosegretario Baccini e rimasto in carica due anni; Giorgio Ferrara, fratello di Giuliano, nominato nel 2003 a Parigi, spese un sacco di soldi dell’Istituto per far costruire un teatrino in legno e cartapesta, che fu poi rottamato (a pagamento) dal successore; Carlo Pesenti, nominato a Londra nel 2008 da Frattini (era un suo compagno di scuola) fu assai criticato per il livello organizzativo e culturale della sua direzione.

Tra i “chiara fama” c’era anche Pia Luisa Bianco: nominata nel 2003 a Bruxelles, lasciò un bilancio dissestato e, al suo rientro in patria, dopo quattro anni, fu ricompensata da Frattini con una consulenza al Ministero degli Esteri e con la direzione di un periodico patinato, tutt’ora esistente, “Longitude”. Da allora il suo ufficio è accanto a quello del ministro mentre a ripianare la situazione a Bruxelles fu chiamato un direttore di carriera. A Parigi oggi c’è Marina Valensise, sorella del numero uno della Farnesina, l’ambasciatore Michele Valensise. Il suo biennio scade ad agosto e con ogni probabilità sarà rinnovata. A Londra è stata mandata Caterina Cardona, ex-direttrice delle Scuderie del Quirinale. Nelle grazie di Clio Napolitano, scade il prossimo anno. Voleva andare a Parigi perché molto legata alla cultura francese, poi lì è andata la Valensise e come consolazione l’hanno mandata nella City, anche se l’inglese non era il suo forte. 

Il tutto mentre non mancano funzionari pubblici che lo Stato forma per questi incarichi e già paga, salvo preferirgli gli amici del potente di turno. Il personale direttivo degli Istituti Italiani di Cultura pullula di direttori con qualifica dirigenziale, direttori e addetti appartenenti all’Area della Promozione Culturale. Attualmente sono in servizio 140 Funzionari APC (tra Direttori e Addetti) e otto dirigenti APC. Un centinaio circa di funzionari APC sono in servizio all’estero negli Istituti di Cultura, 3 dirigenti sono in servizio all’estero e altri 5 sono al Ministero. Molti hanno specializzazioni accademiche di alto livello (dottorato di ricerca, master) e hanno frequentato corsi di perfezionamento in Italia e all’estero. I loro curricula sono regolarmente pubblicati sul sito del Ministero alla voce “Trasparenza” (a differenza degli addetti scientifici e dei fantomatici esperti “culturali” art. 16 – Legge 401/90). Per accedere a queste posizioni fanno concorsi pubblici estremamente selettivi che vengono presi d’assalto: all’ultimo concorso per esami per addetti e Direttori negli IIC (2012) sono stati banditi 11 posti e sono pervenute 11.725 domande. Ma la chiara fama no, quella si riceve per vicinanza a un partito o a un personaggio di potere. 

C’è un capitolo se possibile più oscuro ancora, quello degli “esperti culturali”. Sono figure introdotte con la legge 401/1990. L’art. 16 prevede per le esigenze degli Istituti di cultura e dei servizi di direzione generale che il Ministero possa dotarsi di consulenti “in possesso di specifiche qualifiche e titoli”, in numero non superiore a cinque presso il Ministero e dieci per il servizio all’estero. Anche il loro impegno è ben ripagato: gli esperti culturali guadagnano 12-15mila euro al mese, più lo stipendio “metropolitano” che continuano a percepire in Italia. Oggi ne restano cinque in carica, due al Ministero e tre all’estero. Come saranno riempite le caselle vacanti è un mistero perché da sempre, per queste posizioni, non ci sono criteri di selezione né pubblicità delle procedure, il buio più totale. E nell’opacità, fatalmente, può accadere di tutto.

Di pochi giorni fa la novità più clamorosa, scongiurata dopo segnalazioni e insistenti richieste di chiarimenti. Da tempo voci di corridoio davano in corso di approvazione la nomina come “esperto culturale” presso l’Istituto italiano di Cultura di Los Angeles del professor Vittorio Daniore, ginecologo, urologo e medico presso gli Ospedali Civili di Brescia. Doveva esercitare le sue arti tra Hollywood e Palm Beach. Dalla sua vanta anche delle credenziali: dal 1996 al 2001 è stato coordinatore della Commissione per la ricerca medica al Ministero degli Affari Esteri, poi è stato addetto scientifico presso l’Ambasciata d’Italia a Washington. Il suo ultimo libro, edito dalle Edizioni del Sole 24ore, ha una prefazione dell’ex ministro Frattini che evidentemente ne aveva a cuore i destini. Quando le voci si sono fatte insistenti e i sindacati, increduli, hanno emesso una nota per chiedere spiegazioni, la Farnesina ha dovuto precisare in una nota ufficiale del 21 febbraio scorso che la proposta di nomina era stata effettivamente avanzata ma poi sospesa. Ma è solo un esempio perché la lista non è pubblica. Si sa che alcuni anni fa, a Londra, come esperto era stata nominata la sorella di un deputato di Forza Italia. L’ex moglie del ministro Sandro Bondi, Gabriella Podestà, era stata mandata come addetto culturale presso il consolato di NY.

La famiglia di quelli che “con la cultura mangia” comprende poi la categoria degli addetti scientifici presso gli istituti di cultura, le ambasciate e le rappresentanze permanenti. Solo da pochi anni le vacanze sono segnalate sul sito, ma, come per i “chiara fama”, non vi è alcuna trasparenza nelle procedure di selezione e di nomina, né il Ministero si preoccupa di rendere pubbliche le motivazioni delle assegnazioni. Sul sito, ad esempio, sono state appena pubblicate le nomine fatte di fresco per Città del Messico, Pretoria, Parigi, Tel Aviv. Ci sono i nomi, non un’indicazione delle competenze per cui hanno meritato l’incarico. Molti esperti scientifici sono persone serie e competenti, altri sono meno luminosi e potrebbero esser facilmente scambiati per clamorosi casi di clientelismo parassitario.

Almeno tre casi sollevano forti dubbi. La nomina, nel 2010, del dottor Giulio Busulini, uno dei tre addetti scientifici a Washington, marito di Federica Bindi (la direttrice dell’Istituto di Bruxelles ancora per pochi giorni di cui sopra). E’ laureato dal 2008 in Scienze della Comunicazione, nessuna docenza universitaria alle spalle, nessuna pubblicazione scientifica. E ancora il dottor Emanuele Fiore, addetto scientifico per tutto il Canada: può vantare la qualifica di tecnologo/tecnico di laboratorio di III livello presso il CNR e un expertise nel settore tecnico degli imballaggi. L’addetto scientifico presso il nostro Consolato Generale a Boston è un’architetto, Cinzia del Zoppo, privo di affiliazioni accademiche e pubblicazioni scientifiche a suo nome. E dire che non si tratta di incarichi a breve termine, possono rimanere in carica fino a 8 anni a fronte di indennità mensili dai 12 ai 17mila euro al mese (oltre allo stipendio metropolitano, se ne hanno uno). Magari non sono questi i casi ma resta l’impressione generale che chi trova un posto nella rete diplomatico-culturale debba accendere un cero alla politica e al clientelismo, le uniche arti che riescono laddove tutto un Paese fallisce: con la cultura, in effetti, si mangia.

In riferimento all’articolo di Thomas Mackinson, “Cultura, grazie ai politici c’è chi ci mangia. Lo scandalo italiano va in tutto il mondo”, pubblicato suo sito internet il 24.4.2014, Pialuisa Bianco precisa quanto segue: 

 a) E’ del tutto falso che Pialuisa Bianco abbia lasciato l’Istituto di Bruxelles in dissesto. Come è facilmente controllabile (trattandosi di bilanci pubblici), negli anni della sua direzione tutti i grandi eventi sono stati finanziati da sponsorizzazioni senza gravare sul bilancio (pubblico) dell’istituto. Anzi: Pialuisa Bianco ha lasciato il mandato a regolare scadenza, lasciando in realtà la programmazione degli eventi per i 50 anni dell’Europa, di competenza del direttore che le è subentrato, e le relative previsioni di copertura attraverso le sponsorizzazioni.

b) E’ del tutto falso che Pialuisa Bianco sia stata “ricompensata” per il “dissesto” lasciato (che non si è mai verificato in realtà) con la nomina a consigliere del Ministro nel Gabinetto dell’On. Franco Frattini. A riprova dell’assenza di alcuno “scambio di ricompense” e del fatto che l’incarico è stato svolto da Pialuisa Bianco a beneficio del Gabinetto, del Ministero e del Paese, sarebbe stato facile verificare che la stessa è stata riconfermata dai successivi tre ministri degli Esteri. La stanza “vicino al ministro” non è stata riconosciuta per altro motivo se non per il rilevante ruolo ricoperto dalla mia assistita.

c) La rivista “Longitude” è una rivista di politica internazionale in lingua inglese e diffusa in tutto il mondo. Come sarebbe stato facile verificare, tale rivista è stata ideata, realizzata, edita e diretta sin dalla nascita da Pialuisa Bianco. La rivista è interamente finanziata dal mercato e non riceve alcun tipo di finanziamento pubblico. E’ dunque incomprensibile il motivo per il quale il Ministro degli Esteri avrebbe potuto, pertanto, nominare il direttore”.

Risponde Thomas Mackinson

Gentile Pialuisa Bianco,

a) La condizione economica definita “dissestata” nell’articolo non è una notizia falsa né diffamatoria ma una condizione riportata in atti ufficiali protocollati riscontrabili e non smentiti dall’interessata. In particolare una relazione trasmessa il 31 dicembre 2007 sia al Ministero degli Affari Esteri che alla locale Ambasciata dal direttore Giuseppe Manica inviato da Roma per sostituirla, nella quale si rappresenta l’esistenza un “consistente deficit” riferito a diverse voci del rendiconto dell’Istituto, quali: 

· 106.615,64 euro compensi del personale a contratto
· 51.970,72euro canone di affitto
· 135.456,50 euro pagamento fatture relative a manifestazioni
· 60.615,25 euro stampa di pubblicazioni (cataloghi)
· 316.310,41 euro pagamento fatture per manifestazioni 2007

L’eredità lasciata in gestione non si è limitata dunque alla “programmazione degli eventi per i 50 anni dell’Europa” e alle “previsioni di copertura attraverso le sponsorizzazioni” ma, al contrario – come si legge nella relazione – in “una situazione debitoria tale da non consentire di corrispondere alle richieste dei creditori a fronte dei numerosi impegni assunti sotto la gestione dell’ex direttore, dottoressa Pialuisa Bianco”. Una condizione, si evince dal documento stesso, per altro nota allo stesso Ministero.

b) Da questo discende la particolarità del successivo incarico di consigliere del Ministro Franco Frattini assegnatole in data 24 marzo 2009, un contratto da 25mila euro (lordi) che nelle successive conferme quasi raddoppierà nell’importo (40mila euro lordi) e la cui natura politica è ulteriormente confermata dalle previsioni di inizio/fine incarico coincidenti con l’avvio/scadenza del mandato governativo. Dettagli sui quali non ci siamo neppure soffermati perché l’articolo riguardava lo specifico degli Istituti italiani di Cultura e non la carriera della dott.ssa Bianco. 

c) Sulla direzione della rivista “Longitude”, infine, non abbiamo espresso alcun giudizio di valore né di costo, pertanto non si comprende bene la precisazione circa il valore internazionale, la diffusione, le forme di autofinanziamento citate nella diffida inviataci. Cogliamo anzi l’occasione di questo chiarimento per chiedere, all’insegna della trasparenza, se l’incarico di Direttore coincida con quello di consulente di cui al punto 2 o costituisca un’ulteriore e diverso impegno professionale per il quale è corrisposta altra retribuzione.

Pialuisa Bianco, in risposta alla replica pubblicata da Thomas Mackinson in data 25.2.2014, conferma la falsità delle informazioni fornite e rileva lo spiacevole tono che parrebbe insinuare fatti invece inesistenti. Nel sottolineare di non avere titolo per entrare nel merito dei risultati della gestione dell’Istituto di Bruxelles successiva alla propria (avendo lasciato, per scadenza del termine, l’incarico nel settembre 2007, con un regolare bilancio in equilibrio, controllato ed accertato dal Ministero) e nel confermare le altre rettifiche già inviate, si vede, pertanto, costretta a riservarsi la tutela di ogni diritto presso le sedi competenti.

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