Usciamo per una volta fuori dagli angusti confini televisivi della nostra penisola. Chi si aspetta scenari mediali completamente diversi da quelli di casa nostra rimarrà forse un po’ deluso: i generi e i format di maggior successo sono gli stessi in (quasi) tutto il mondo. Quello dei format è uno dei mercati più globali che esista e le affinità sono ormai di più delle differenze. Ma questo non vuol dire che la televisione sia uguale dappertutto, anzi. Ogni paese ha le sue peculiarità, sociali e culturali, che si riflettono ovviamente su ciò che va ogni giorno in onda. Prendiamo la Gran Bretagna, per esempio. Qui il genere storicamente dominante, non chiedetemi il perché, è quello del Game Show. Sono inglesi alcuni dei giochi di maggior successo del pianeta: Chi vuol essere milionario?, venduto in più di 100 paesi in ogni angolo del globo, The money drop, L’anello debole (un bellissimo game rovinato da un pessimo conduttore, qualcuno ricorda?) e decine e decine d’altri, che non sono mai sbarcati da noi.

In Inghilterra si può veder giocare ininterrottamente per quasi tutta la giornata, se uno vuole. Per rimanere solo sulle 5 reti maggiori, si parte alle 15 su BBC1 col quiz Perfection, si prosegue poi, senza soluzione di continuità, con Deal or not deal (il nostro Affari Tuoi) su Channel 4, poi con The chase su ITV, si ritorna ancora su BBC1 con Pointless, per continuare con Eggheads su BBC2 e terminare quindi alle 19 su BBC3 con Wipeout. Non è raro trovare poi game anche in prima e seconda serata, mentre da mezzanotte in poi sulle due reti private partono le maratone dei giochi interattivi (leggi: succhiasoldi). Insomma, una bella abbuffata. Ma non ci sono solo i soliti giochi.

Poche settimane fa è partito su BBC1 un nuovo Game Show: Reflex. Va in onda ogni sabato dalle 18,15 alle 19,00, che in Gran Bretagna è una delle fasce di massimo ascolto, la stessa di Strictly come dancing, per dire (altro format inglese di grande successo mondiale, da cui il nostro Ballando con le stelle). A raccontarlo non sembra chissà cosa: due gruppi familiari di 3 persone si sfidano in brevissime gare fisiche per vincere un premio nemmeno poi così eccezionale: 20mila sterline al massimo. Il motivo d’interesse è però un altro. Per la prima volta in un programma d’intrattenimento vengono usate videocamere particolari (per quei pochi che fossero interessati, le NAC/Ikegami Hi- Motion II) in grado di catturare fino a 1000 fotogrammi al secondo. Pura fantascienza, considerando che la messa in onda in HD avviene in 25 fotogrammi al secondo. Grazie a questi aggeggi le prove dei concorrenti, che nella realtà durano pochissimi secondi, possono essere dilatate all’inverosimile, con un effetto slow motion da lasciare a bocca aperta.

Esempio: due tizi con le mani e il volto protetti si devono buttare contro una lastra di vetro, infrangerla e schiacciare il pulsante in fondo a una pedana; chi ci riesce per primo vince. Tempo reale della prova: 3 secondi e 4 centesimi. Noi però vediamo tutto questo in modo così rallentato che le immagini sembrano congelate: il tempo sembra essersi fermato, ogni singola scheggia di vetro è bloccata nel vuoto in geometrie affascinanti e bizzarre, le facce dei concorrenti sembrano fissate per sempre in smorfie grottesche, tutto è così iper-realistico da sembrare irreale. Ogni prova di questo Game Show è un effetto visivo nuovo, una sorpresa continua: miriadi di gocce di vernice multicolori schizzano fuori dai barattoli e rimangono magicamente appese a una a una sullo schermo, come in un quadro di Pollock; molecole organiche di un’anguria che esplode si compongono in immagini di pura astrazione visiva; perfino le correnti d’aria hanno una loro fisicità e consistenza. Non è soltanto un esercizio tecnologico: è una vera goduria per gli occhi. Le prove sembrano più un pretesto per creare affreschi pittorici postmoderni, piuttosto che una sfida per vincere quattrini. L’effetto estetico è la cosa più importante di tutte e i singoli fotogrammi sono più importanti dell’insieme. Va bene, alla fin fine è solo un gioco, certo. Ma un gioco così, letteralmente, non s’è mai visto.

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