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Spari davanti a Palazzo Chigi, Preiti condannato a 16 anni. “Chiedo scusa”

Il disoccupato calabrese che il 28 aprile aprì il fuoco contro tre carabinieri nel giorno dell'insediamento del governo Letta chiede scusa al militare Giangrande: "Mi sostituirei con lui". Soddisfazione della figlia del militare: "A Roma per sentire con le mie orecchie". Poco prima dell'attentato gli uffici della presidenza del Consiglio hanno ricevuto telefonate: "Aiutate la Calabria"
Spari davanti a Palazzo Chigi, Preiti condannato a 16 anni. “Chiedo scusa”
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Sedici anni di reclusione. E’ questa la condanna inflitta a Luigi Preitil’uomo che ha sparato contro 3 carabinieri davanti a Palazzo Chigi, nel giorno dell’insediamento del governo Letta (28 aprile 2013). Nell’agguato rimase gravemente ferito il militare Giuseppe Giangrande. Dopo la sentenza del gup Filippo Steidl l’attentatore ha detto: “Chiedo scusa ai carabinieri feriti,ai loro familiari, alla mia famiglia. Se potessi ancora oggi mi sostituirei al carabiniere Giangrande e mi farei carico della sua sofferenza”. Soddisfatta la figlia del carabiniere, Martina: “Siamo davvero soddisfatti di questa sentenza, sono venuta qui a Roma a sentire con le mie orecchie cosa sarebbe accaduto. Tra poco lo dirò a mio padre, che è a Prato, visto che per il momento non sono riuscita a sentirlo”. Durante la requisitoria del processo per rito abbreviato, il pm Antonella Nespola aveva chiesto una condanna a 18 anni. 

Ma dall’udienza è emerso anche un particolare inquietante. Poco prima che il disoccupato calabrese aprisse il fuoco contro i militari dell’Arma, gli uffici della presidenza del Consiglio ricevettero alcune telefonate anonime il cui senso era: “Dovete aiutare la Calabria, dovete dare soldi alla Calabria”.  Preiti è accusato di tentato omicidio plurimo, porto e detenzione di arma clandestina. L’uomo, che una perizia psichiatrica ha dichiarato capace di intendere e di volere al momento del fatto, ha sempre sostenuto di voler fare un gesto eclatante, legato alla sua condizione di disoccupato, ma di non voler uccidere.

Anche oggi, come a ogni udienza, era presente la figlia del brigadiere, Martina Giangrande. Cinque le parti civili: i tre carabinieri feriti, Giuseppe Giangrande, Francesco Negri e Delio Marco Murighile, il ministero della Difesa e l’Associazione Vittime del dovere.

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