Auguri agli italiani di New York, quelli clandestini, “sans papier”, che da anni sono qui senza poter tornare a casa, senza poter uscire da questi confini, non americani e quasi non più italiani. Dimenticati dai sondaggi, dai servizi delle trasmissioni di prima serata, dall’elenco dei “cervelli in fuga”. Quelli trasparenti. Quelli che hanno scelto la condizione di illegalità pur di non tornare indietro, in un paese che li aveva delusi, intristiti e traditi. Un paese che non sa più fermare l’emorragia di anime belle che se ne vanno via, fra sensi di colpa e accuse di egoismo da parte di quelli che restano. Perché è vero, ci vuole coraggio a restare. E molto. Ci vuole coraggio, pero’, anche ad andare. E molto.

Auguri a chi ha perso il lavoro o non l’ha mai trovato, nonostante titoli e capacità, superato da qualcuno raccomandato, segnalato, protetto, e che pure oggi riesce a non lamentarsi, riesce a trovare un sorriso da condividere con i propri familiari, continua a credere in se stesso e ad avere un sogno, una speranza. E dunque una dignità, in un paese che fa di tutto per togliertela, giorno dopo giorno, vergogna dopo vergogna.

Auguri ai più giovani che possono andarsene via senza sentirsi “in fuga” o emigranti ma solo viaggiatori, solo pezzi di un mondo in movimento, con pochi confini e barriere sempre meno rigide. 

Auguri a tutti i miei amici gay, perché non smettano di credere e lottare per veder riconosciuti i propri diritti: quelli di esseri umani. Niente di più e niente di meno.

Auguri a chi continua a dire “voglio andarmene via” e poi non lo fa, dicendosi che bisogna aspettare l’occasione propizia. Anche se non ce ne sarà mai una adatta. Mai una perfetta. L’occasione è solo il momento in cui si comprende che restando non si ha più nulla da perdere né da guadagnare; in quel momento si va via e, in qualche modo si rinasce, sebbene, come sempre, con dolore. 

Auguri a mia madre e mio padre che a Natale non mi hanno mai fatto mancare la felicità. Auguri alla mia famiglia che non mi ha fatto mai sentire senza radici. E auguri a Dorothy, mia fedele compagna da quasi 11 anni: che il tuo cuore possa essere più forte di quanto mi dicono i medici e che io possa ancora godermi a lungo lo spettacolo dei tuoi occhi che mi guardano mentre, appoggiata con il muso sulla mia gamba, piano piano ti addormenti cullata dal ticchettio delle mie dita che corrono sulla tastiera.

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