LA GIORNATA
Il Napoli cala il poker sul tavolo verde del San Paolo. Quattro assi (Higuain, Callejon, Dzemaili, Mertens) che inguaiano il fischiatissimo ex Mazzarri, e la sua Inter oramai fuori dai giochi, e rilanciano la squadra di Benitez nella corsa per il titolo. Nel girone di ritorno gli scontri diretti per il Napoli saranno tutti al San Paolo. Due scuole di pensiero a confronto, chi la partita la vuole fare e chi ribaltare, ha vinto la prima, grazie a prodezze individuali che sono state il suggello di una precisa trama, di un copione sapientemente scritto dal tecnico spagnolo, piuttosto che estemporanee evanescenze. Le variazioni sul tema, quando riescono, sono merito dello spartito. Quello che manca all’Inter, in confusione più del solito e capace di reagire solo sui nervi. Nel fine settimana l’audience globale ha considerato una bellissima partita il 6-3 tra Manchester City e Arsenal, vediamo di non raccontare Napoli-Inter 4-2 come un fallimento delle difese – pur con i loro limiti – per godersi finalmente il calcio come imperfezione e non umiliare ulteriormente la narrazione di questo sport.

Il rigore sbagliato da Pandev evita a Mazzarri una punizione eccessiva, ma se Thohir vuole un mercato al risparmio e un progetto neorealista giovane e povero, il livornese non sembra il tecnico migliore per portarlo avanti. Lui vuole i kolossal: dategli Cavani e vi solleverà il mondo, lasciatelo con Icardi e finirà con lo spazientirsi. Per il Napoli non sono ovviamente tutte rose e fiori. A un certo punto, in vantaggio per 3-2 e in superiorità numerica, ha cominciato a soffrire: il fantasma del 3-3 con l’Udinese aleggiava sul San Paolo. Ma Benitez ha saputo infondere fiducia ai suoi, e servire fredda come si deve la sua vendetta nei confronti di quel Moratti che lo aveva sedotto e abbandonato nell’anno zero interista dopo Mourinho. Continua la corsa della Juve, che approfitta di una zona favorevole del calendario per allungare sulla Roma, impegnata stasera con il Milan a San Siro, e dimenticare Istanbul.

Se la neve di Pamuk non ha portato fortuna ai bianconeri in Champions, in campionato basta un indiavolato Tevez per radere al suolo il Sassuolo, forse troppo intimorito per essersi presentato per la prima volta nella sua storia al cospetto della Juve. La forza dei bianconeri, al di là dei quattro gol segnati, è una difesa che non subisce gol da ben 730 minuti. Porta inviolata anche a Firenze, dove il primo gol di Ilicic con la maglia viola, Borja Valerio e il capocannoniere Pepito Rossi, lanciano la Fiorentina al quarto posto davanti all’Inter. Da una parte Montella rivolta tatticamente una squadra che vince la terza consecutiva in casa, giocando con tre difensori e Cuadrado arretrato sulla linea dei centrocampisti. Dall’altra Pioli non riesce a trovare la quadratura del cerchio, e un Bologna molle e svogliato sprofonda sempre più nel ventre molle della zona retrocessione.

Prima il piede, poi la lombalgia e infine la spalla, da curare bene con la prospettiva di un quarto Mondiale cui partecipare. Poi finalmente Klose ha deciso di dedicarsi alla Lazio, e i risultati si son visti. La doppietta per il 2-0 al Livorno salva la panchina di Petkovic e mette fine a una striscia negativa di 8 punti nelle ultime dieci partite. L’anno sabbatico laziale potrebbe finire qui. Per un allenatore (temporaneamente) salvo ce ne è uno che si mette in discussione da solo. E’ un Guidolin più mogio che mai quello che si presenta davanti alle telecamere dopo la scoppola subita in casa dall’Udinese con il Torino. Per i granata sono 10 punti in quattro partite, e il Toro vola al settimo posto: ennesimo capolavoro per un tecnico sottovalutato come Ventura. Continua la striscia positiva anche per la nuova Samp di Mihajlovic, che infligge la prima sconfitta a Corini da quando è tornato sulla panchina del Chievo. Pareggiano il Parma nella partita del centenario contro il Cagliari, e il Genoa con l’Atalanta. Mentre il pari col Verona non serve al Catania, sempre più ultimo, e conferma invece lo splendido sesto posto con affaccio sull’Europa dei gialloblù.

IL PERSONAGGIO
Prima tripletta con la maglia bianconera per arrivare a dieci gol in sedici giornate: secondo miglior marcatore della Serie A al suo esordio nel campionato italiano. Non si può dire che l’arrivo di Tevez abbia avuto un impatto lieve, d’altronde il ragazzo di delicato ha poco nulla. Ha litigato e imposto la sua cessione a un mammasantissima come Sir Alex Ferguson, ha litigato e imposto il suo reintegro in squadra senza chiedere scusa a un tecnico suscettibile come Roberto Mancini. Lo stesso ha fatto con l’ex c.t. dell’Argentina Sergio Batista, mentre il nuovo, Alejandro Sabella, ha preferito non convocarlo mai. Non ha mai litigato invece con Maradona, che l’ha sempre adorato: affinità elettive tra campioni che con delicatezza porta trattano solo il pallone, che il resto è sempre una guerra contro il mondo. D’altronde la cronaca vuole che l’Apache, nato alla Ciudadella ma cresciuto tra il fischio delle pallottole dell’Ejército de Los Andes, uno dei quartieri più feroci di Baires, quella cicatrice che dall’orecchio destro scende lungo il collo fino al petto se la sia fatta rovesciandosi acqua bollente addosso. Ma la leggenda, e il suo soprannome da guerriero, lasciano intendere ben altro.

LA SPIGOLATURA
“I fischi sono una forma di rispetto per un avversario che si ritiene forte”, recita una delle forme più ipocrite di raccontare il calcio. I fischi rivelano antipatia, manifestano disprezzo, proclamano odio sportivo. E ben vengano. Non saranno certo buonismo o politically correct a salvare il pallone dalle sue magagne, e nemmeno a renderlo più vendibile come prodotto televisivo. Lo sfottò è parte essenziale della sfida. I fischi vanno accettati anche quando colpiscono qualcuno che veste la stessa maglia, o un ex che la indossava fino a poco tempo prima. Però forse a tutto c’è un limite. Della costruzione del Napoli di De Laurentiis, capace di passare in dieci anni dagli abissi della terza serie alla musichetta della Champions League, Mazzarri è stato pedina fondamentale. C’era un solo striscione a ricordarlo al San Paolo, il resto sono stati sonori e ripetuti fischi al suo ingresso in campo. Potrà non piacere il suo atteggiamento, anche ieri sera è riuscito a lamentarsi dell’arbitraggio, potrà non piacere il suo stile di gioco, anche ieri risultato antiquato, ma un minimo di riconoscenza ogni tanto è doverosa. Altrimenti si arriva al paradosso della curva del Milan che fischia Maldini, e allora non ne vale davvero più la pena di tifare.

twitter: @ellepuntopi

RISULTATI
Catania-Verona 0-0
Chievo-Sampdoria 0-1 (Eder al 16′ p.t.)
Fiorentina-Bologna 3-0
Genoa-Atalanta 1-1 (Bertolacci (G) al 27′ s.t. e De Luca (A) al 49′ s.t.)
Lazio-Livorno 2-0 (Klose al 19′ e al 26′ p.t.)
Parma-Cagliari 0-0
Udinese-Torino 0-2 (Farnerud al 3′ s.t. e Immobile al 30′ s.t.)
Juventus-Sassuolo 4-0 (Tevez al 15′ e al 45′ p.t. e al 43′ s.t., Peluso al 28′ p.t.)
Napoli-Inter 4-2 (Higuain (N) al 9′ p.t., Cambiasso (I) al 35′ p.t., Mertens (N) al 39′ p.t., Dzemaili (N) al 42′ p.t., Nagatomo (I) al 47′ p.t. e Callejon (N) al 36′ s.t.)
Milan-Roma (stasera, ore 20.45)

CLASSIFICA
Juventus 43
Roma 37*
Napoli 35
Fiorentina 30
Inter 28
Verona 26
Torino 22
Genoa 20
Lazio 20
Parma 19
Cagliari 19
Atalanta 18
Milan 18*
Sampdoria 17
Udinese 17
Chievo 15
Sassuolo 14
Livorno 13
Bologna 12
Catania 10
*una partita in meno

MARCATORI
13 gol G. Rossi (Fiorentina), 10 gol Tevez (Juventus), 9 gol Palacio (Inter), 8 gol Cerci (Torino), Callejon e Higuain (Napoli), 7 gol Berardi (Sassuolo), Gilardino (Genoa) e Jorginho (Verona)

PROSSIMO TURNO
Livorno-Udinese (sabato 21, ore 18.00), Cagliari-Napoli (sabato 21, ore 20.45), Bologna-Genoa (domenica 22, ore 12.30), Atalanta-Juventus, Roma-Catania, Sampdoria-Parma, Sassuolo-Fiorentina, Torino-Chievo, Verona-Lazio (domenica 22, ore 15.00), Inter-Milan (domenica 22, ore 20.45)

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