Gli scandali che hanno coinvolto l’azienda di trasporto pubblico di Roma negli ultimi mesi non devono sconvolgere, ma devono indignare. Non sconvolgono semplicemente perché i dati dell’azienda sono noti a tutti da molto tempo, ma nessuno è mai riuscito a intervenire. Devono indignare invece per molteplici elementi. Lo scandalo di Atac a Roma non deriva dalla somma negativa del margine operativo lordo che l’azienda ha accumulato negli ultimi quattro anni, pari a 676 milioni di euro.

Infatti, essendo un’azienda pubblica, tale risultato deriva dalla quantità di contributi che riceve. Ad esempio, le perdite della Amt di Genova, per le quali è scoppiato lo sciopero selvaggio, erano pari a 8 milioni. Un’inezia rispetto alle centinaia di milioni di euro l’anno di contributi pubblici ricevuti. A Roma i contributi pubblici negli ultimi quattro anni sono stati pari a 2,978 miliardi di euro. Una cifra enorme che viene pagata direttamente da tutti i cittadini tramite le proprie tasse.

A questi contributi pubblici o sussidi bisogna inoltre aggiungere i ricavi che derivano dai biglietti e dagli abbonamenti. Questi introiti sono solo il 23,8% del totale, perché quasi tutti i ricavi derivano dalle tasse pagate dai cittadini. Cosa serve a “coprire” questo elevatissimo livello di sussidi? Il carburante si potrebbe pensare. L’incremento del costo del carburante si è fatto sentire infatti negli ultimi quattro anni, un po’ come per tutte le famiglie italiane anche per Atac. Ma tale costo è cresciuto dal 3,9% del 2009 al 5,6% del 2012 sul totale dei costi. Un’inezia. Quindi il carburante incide per poco più di un ventesimo dei costi totali.

La grande spesa di Atac deriva invece dal personale. Gli introiti da tutti i biglietti e gli abbonamenti coprono solo il 45% dei soli costi dei dipendenti. Uno scandalo che deriva da un’organizzazione del lavoro inefficiente e da un sovradimensionamento dell’organico per i motivi a tutti noti. Parliamo di inefficienza perché è bene fare il confronto con i casi europei. L’Italia non è l’Europa e questo è chiaro a tutti, ma certo i livelli di costo delle aziende pubbliche di trasporto italiane sono ingiustificabili. A Roma, così come nel resto d’Italia, una vettura che percorre un chilometro costa oltre 6 euro. Quasi tre volte di quanto accada nel Regno Unito e circa il doppio di quanto costa in Svezia.

Quindi a parità di sussidi pubblici, con l’efficienza svedese, in Italia il servizio di trasporto potrebbe essere gratuito con un numero di autobus anche superiore. Ad esempio, a Roma ogni dipendente Atac costa 46mila euro superiore anche a Parigi dove il costo è di 42mila euro e dove il costo della vita è molto più caro. Ma non è il solo costo medio a dover preoccupare, ma il numero complessivo di dipendenti che ormai è pari a circa 12mila dipendenti. Cosa si potrebbe fare al fine di migliorare il sistema? In primo luogo, dal lato dei ricavi, si potrebbe imporre di fare entrare i viaggiatori solo dalla porta anteriore, in modo da abbattere il tasso di evasione che è intorno al 30 per cento.

Questo metodo non è tipico solo della Gran Bretagna o della Svezia, ma avviene anche nelle grandi città europee come a Barcellona, Parigi o anche a Istanbul. Il guidatore diventa anche controllore e fare il biglietto a bordo può essere disincentivato da tariffe più elevate. Su questo punto i sindacati si sono sempre opposti, ma credo che ormai sia finito il tempo di difendere le proprie posizioni di rendita. L’Italia non se lo può più permettere. I problemi maggiori arrivano tuttavia dal lato dei costi. Nel nostro Paese i costi sono doppi rispetto ai casi europei e per abbatterli è necessario introdurre una liberalizzazione del settore. L’assegnazione dei contributi pubblici dovrebbe avvenire solo tramite delle gare trasparenti in modo da diminuire gli sprechi enormi che affliggono Atac e le altre aziende di trasporto pubblico locale.

Ma le gare devono essere serie, non come è avvenuto in passato in alcuni casi italiani (vedi Atm) dove c’erano dei requisiti tali per partecipare che si presentava solo un concorrente (quello comunale). Questi risparmi di costo, complessivamente pari a circa 2 miliardi di euro, possono essere utilizzati per offrire circa il doppio dei mezzi pubblici, rendere totalmente gratuito il servizio e ridurre le tasse. Questa rimane una scelta pubblica. Ricordo che a Milano ogni famiglia di quattro componenti paga circa 2mila euro di tasse l’anno in contributi all’Atm. Se avessimo l’efficienza dei casi europei indicati precedentemente questa spesa potrebbe essere ridotta di mille euro l’anno con lo stesso numero di chilometri percorsi dai mezzi. Altro che riduzione dell’Imu sulla prima casa.

 @AndreaGiuricin

Articolo Precedente

Enasarco, il presidente dell’ente risponde alle accuse dell’ex vice sugli investimenti

next
Articolo Successivo

WebTax: Boccia ci riprova ma il Ministero non è d’accordo

next