Se pensate che a domicilio si possano ordinare soltanto pizza e birra siete sulla strada sbagliata. Perché anche qui da noi prende piede sempre più la moda degli house concerts. Di che si tratta? In sostanza, se avete uno spazio in casa sufficientemente accogliente per farci stare una ventina di amici potete prendere in considerazione l’idea di passare una serata decisamente atipica, ospitando in salotto un concerto. In versione acustica, ovviamente, a meno che non abbiate vicini di casa particolarmente accondiscendenti, anche se almeno a Bologna occorre ponderare con accuratezza i rischi derivanti dal suscitare le antipatie di qualche comitato antirumore.

Una formula che proviene dagli Stati Uniti e che sembra piacere molto anche da noi. In Francia ovviamente, patria dello snobismo e dell’autoctonia linguistica, si chiamano concerts en apartement, e hanno anche valenza, in qualche modo, politica, atto di ribellione contro i prezzi esorbitanti dei biglietti per i concerti, contro i circuiti musicali ufficiali che spesso escludono talenti straordinari ma non conformi alle logiche del mercato musicale. Circuiti per outsider, insomma, con il vantaggio di un contatto tra pubblico e musicista che più diretto non si può. Come avere il backstage nel tinello di casa propria.

In Italia un sito, www.house-concert.it, fa da trait d’union tra gli artisti e coloro che intendono ospitare un musicista o una band in casa, proponendo artisti come Cristina Donà, Kaki King e 2Pigeons, nomi e volti noti del panorama musicale indie italiano. La formula è semplice: si mette a disposizione casa propria, si fissa una data e si contattano i partecipanti tramite mail o social network, fissando un limite massimo. Un piccolo contributo per i musicisti all’ingresso è gradito (oppure fissato), assieme a una bottiglia di vino o cibo per il buffet, perché l’importante è creare un’atmosfera rilassante e familiare e a fine concerto gustarsi il piacere di chiacchierare con gli altri spettatori e gli artisti, ciò che normalmente non avviene quando c’è un palco a creare una divisione. 

Così anche sui social network, Facebook in primis, nascono decine di pagine di “case aperte” di privati che allestiscono nei loro spazi gli house concerts ma anche piccole mostre o reading di poesia: come i ragazzi di Quarantatrebarradue che mettono a disposizione la loro casa di Bologna per piccole performances di teatro, musica e quanto altro abbia attinenza con l’arte. “Suono da anni con un progetto chitarra e voce, Yan Vincent” dice il padrone di casa Giacomo “e qualche anno fa mi invitarono ad un house concert come musicista. A Bologna si restringono sempre di più gli spazi in cui fare musica dal vivo, quindi ho pensato di mettere a disposizione il salotto di casa mia ed invitare gli amici musicisti ad esibirsi in quelle che diventano di fatto feste private con il benefit di un musicista live”. Amplificazione assente ed offerta libera per evitare problemi di qualsiasi genere. “I concerti iniziano all’ora dell’aperitivo e finiscono tassativamente entro le 22:30” continua Giacomo: “chi vuole, ma non è obbligatorio, può lasciare un obolo per i musicisti. Ovviamente raccogliamo le adesioni via mail per evitare sovraffollamenti”.

Un’idea che potrebbe presto essere imitata anche da noi viene da Amsterdam: Bajesdorp è una realtà nata da un’idea molto semplice: creare un circuito di sette case aperte alla musica ma anche alle performances artistiche in genere, con tanto di festival annuale nella cui organizzazione è coinvolto anche Alessandro Mezzogori, giovane musicista ferrarese emigrato da alcuni anni in Olanda. “Qui è tutto più semplice però -racconta Alessandro -. Il governo olandese riconosce l’importanza della produzione creativa ad ogni livello con sovvenzioni ed aiuti economici agli artisti che in Italia ci sogneremmo”. Insomma, chissà se a partire dagli house concerts non si possa innescare la miccia per una piccola rivoluzione di quel mondo culturale così maltrattato nel paese che per antonomasia dovrebbe tutelare il patrimonio immenso di creatività circolante. Una delle poche risorse economiche che se messa a frutto e valorizzata potrebbe rappresentare una via d’uscita dal pantano da cui sembriamo non avere scampo. 

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