La notizia è stata diffusa con grande risalto da giornali e televisioni proprio alla vigilia della giornata mondiale contro l’Aids: sperimentato con successo, al Bambin Gesù di Roma, il primo vaccino pediatrico anti Aids. Orgoglio patriottico e speranza per milioni di bambini nel mondo. Ma per Vittorio Agnoletto, medico, fondatore e a lungo presidente della Lila (la Lega italiana per la lotta contro l’Aids) c’è poco da esultare: “Perché non c’è nessun vaccino – avverte – ma, forse, solo un farmaco che, affiancato ad altri farmaci antiretrovirali, potrebbe rendere più bassa la carica virale nei neonati sieropositivi”.

Come molti altri sperimentati nel mondo, quello romano, insomma, è un cosiddetto “vaccino terapeutico”, non utilizzabile cioè per prevenire l’infezione ma per contrastarla. E c’è da sperare che le successive fasi di sperimentazione ne dimostrino l’efficacia, a differenza di quanto è successo finora con tutti i vaccini preventivi. Infatti, come riporta l’ultimo numero del New England Journal of Medicine, purtroppo non esiste, ad oggi, un vaccino che abbia superato la fase 2 di sperimentazione sull’uomo: il migliore fra tutti quelli testati nel mondo – elaborato negli Stati Uniti e sperimentato in Tailandia – è risultato efficace solo nel 32 per cento dei casi ed è quindi stato scartato.

A proposito di vaccini, che fine ha fatto quello di Barbara Ensoli, celebratissima quindici anni fa per la ricerca che, qualcuno azzardava, l’avrebbe addirittura condotta al Nobel? Agnoletto, che ne segue le tracce da anni e che su questa specie di araba fenice ha scritto un libro (Aids – Lo scandalo del vaccino italiano, Feltrinelli), ne denuncia nuovamente la latitanza: “Sul sito del ministero della Salute non ci sono notizie aggiornate e dal Sudafrica, dove avrebbe dovuto essere stata da tempo avviata l’ennesima sperimentazione, tutto tace. Ma, quel che è peggio, nulla si sa dei 30 milioni di euro della Cooperazione internazionale che l’allora ministro degli Esteri Gianfranco Fini dirottò sul mitico vaccino: sarebbero dovuti servire alla realizzazione delle strutture, appunto in Sudafrica, dove attuare la sperimentazione. Ma se della sperimentazione non c’è traccia, dove sono finiti i soldi?”.

E pensare che ne servirebbero anche meno per un progetto più modesto ma molto più utile: quello di un’efficace prevenzione anti Aids sul territorio nazionale. “Da anni di Aids non si parla più, nessuno fa prevenzione nelle scuole, negli ospedali negli ambulatori – lamenta Agnoletto -. Anzi, arrivano segnalazioni che in alcuni ambulatori venga richiesto il ticket per il test di sieropositività che, proprio per invogliarne la diffusione, è per legge gratuito. E allora non stupiamoci se, con 3.850 nuovi casi ogni anno, l’Italia risulta tra i Paesi dell’Europa occidentale con la maggiore diffusione del virus. E prepariamoci al peggio. Oggi, delle 180mila persone positive al virus Hiv un terzo è in terapia antivirale, un terzo è stato diagnosticato positivo ma non ha ancora bisogno della terapia e un terzo non sa di esserlo. Ogni paziente in terapia costa al sistema sanitario circa 7mila euro l’anno ma con la crisi imperante, le Regioni non riusciranno a lungo a sostenere questa spesa (la Regione Piemonte ha già denunciato il problema). Chi ne farà le spese e chi ne trarrà vantaggio? Quei pazienti che le case farmaceutiche chiamano ‘clienti fidelizzati’ non potranno mai rinunciare a curarsi e saranno costretti a pagarsi farmaci di tasca propria o a perire. Big Pharma ringrazia”.

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