Tra poche ore alla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati si comincia la discussione per introdurre nell’ordinamento italiano il reato di depistaggio. Lo avevamo proposto 10 giorni dopo l’inizio della legislatura, quando era ancora tutto molto nebuloso a livello istituzionale, ma questo punto faceva – e fa – parte degli impegni che ci siamo presi in campagna elettorale. Se con questa discussione si otterrà un risultato positivo avremo a disposizione a livello giuridico uno strumento in più per la trasparenza e il raggiungimento della verità per numerosi stragi accadute in Italia negli ultimi 50 anni.

La proposta, entrando nel dettaglio, è quella di un nuovo articolo nel codice penale, il 372 bis. Se il 372, già esistente, punisce per falsa testimonianza chiunque “deponendo come testimone innanzi all’autorità giudiziaria, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte” (e in questo caso la pena va da 2 a 6 anni di reclusione), il successivo articolo, se venisse approvato, si concentrerebbe sui pubblici ufficiali e sulle loro condotte.

Più nello specifico, il reato di depistaggio si configurerebbe nel caso di inchieste sull’eversione dell’ordine costituzionale, sulle stragi e sul traffico di armi, di materiale nucleare, chimico e biologico. Nel caso in cui la magistratura dovesse in proposito ricevere da parte del pubblico ufficiale incaricato degli accertamenti informazioni false o parziali oppure rilevasse che documenti sono stati sottratti o ne sono stati prodotti di fasulli, per l’autore del reato, una volta condannato, si aprirebbero le porte del carcere per un periodo variabile dai 6 ai 10 anni.

Guardando agli anni precedenti, nella storia del parlamento italiano non è la prima volta che viene avanzata una proposta del genere. Già il 7 dicembre 2000, nel corso della tredicesima legislatura, i deputati Valter Bielli, Antonio Attili, Michele Cappella, Raffaello Vignali, Francesco Aloisio, Roberto Sciacca e Piero Ruzzante si erano mossi nella stessa direzione. Erano i tempi in cui si stava prendendo in esame la riforma dei servizi segreti e del segreto di Stato, riforma giunta solo nel 2007, e si scriveva allora: “Dalla strage di piazza Fontana in poi, le omissioni, le bugie e la distruzione di documenti hanno impedito che si potesse giungere alla scoperta dei responsabili materiali e morali degli attentati che hanno devastato il Paese fino al 1993”.

Va infine segnalato che non è del tutto scontato che si riesca a raggiungere il risultato in tempi brevi, o addirittura che si arrivi ad una legge tout court. Ogni risultato è possibile. Nelle aule parlamentari si perde davvero tanto tempo in chiacchiere, ma io sono fiducioso. E va anche aggiunto che questo governo si sta impegnando attivamente per le mie due richieste da parlamentare e come presidente dell’associazione vittime della strage di Bologna.

Dopo che la presidente della Camera, Laura Boldrini, è venuta a Bologna il 2 agosto scorso, nel giorno della commemorazione della strage, l’esecutivo sta mantenendo le promesse. Anche per ciò che riguarda i rimborsi per i parenti delle vittime: la voce è prevista come emendamento alla Finanziaria che a breve verrà discussa in Senato.

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