Si dice “indignato” il senatore Claudio Fazzone. Le accuse che lo hanno travolto dopo la nomina a componente della commissione antimafia sarebbero solo “inqualificabili illazioni gratuite e soprattutto infondate”. Ha preso carta e penna ed ha scritto al gruppo al Senato del M5s, che – a sua volta – aveva chiesto il suo allontanamento dalla commissione guidata da Rosy Bindi. Fazzone sfida apertamente chi lo accusa, chiedendo di mostrare le prove. A partire dal suo processo – ancora in corso – per le lettere di raccomandazione che nel 2003 aveva firmato su carta intestata del consiglio regionale del Lazio: “Fantomatiche lettere all’allora Direttore Generale dell’Asl, che vi sfido a recuperare”, scrive ai senatori del M5s.

Le lettere esistono, sono allegate al fascicolo del processo in corso a Latina. Missive che ilfattoquotidiano.it è in grado di pubblicare. Chiarissime sono le “segnalazioni” che il senatore Claudio Fazzone mandava – con tanto di numero di protocollo – a Benito Battigaglia, all’epoca ai vertici della Asl di Latina. Tutte iniziano con la formula “Caro Benito” e si concludono con “Ti chiedo, per quanto ti sia possibile, di interessarti alla richiesta”. Vere e proprie raccomandazioni, per far ottenere posti pubblici nei ruoli più disparati: dal primario all’autista, dal medico del 118 all’azienda – di Fondi – fornitrice di timbri e modulistica.

Claudio Fazzone contesta anche la sua posizione di “autista di Nicola Mancino” all’epoca della trattativa Stato-Mafia. Spiega nella lettera inviata al gruppo del M5s: “Non ho mai svolto il ruolo di autista per l’ allora Ministro dell’interno Nicola Mancino, non sono nemmeno in possesso della patente idonea ad espletare tale mansione”.

Ma non nega di aver lavorato in quel periodo – quando ricopriva il ruolo di funzionario della Polizia di Stato – fianco a fianco all’ex ministro dell’Interno, oggi imputato per falsa testimonianza nel processo in corso a Palermo sulla trattativa: “Vorrei precisare, inoltre, che il mio rapporto con l’allora Ministro dell’interno Nicola Mancino era nato, esclusivamente, per ragioni lavorative”. Non spiega, Claudio Fazzone, qual era esattamente il suo ruolo “che rientrava nell’ambito delle competenze di ufficiale di Polizia giudiziaria”. Sulla questione Fondi (Comune in provincia di Latina per il quale l’ultimo governo Berlusconi ha bocciato una richiesta di scioglimento per infiltrazione mafiosa, ndr) il senatore del Pdl membro della commissione antimafia risponde assicurando che “non mi vergogno né mi nascondo per avere difeso con orgoglio e determinazione la mia città, la mia terra e la mia Provincia”. Aggiungendo: “C’è l’assenza di una qualsivoglia condanna, nonché avviso di garanzia nei confronti dei componenti dell’allora amministrazione comunale”.

Un vuoto di memoria, come nel caso delle lettere di segnalazione. Il processo “Damasco” che ha riguardato la presenza delle mafie a Fondi ha visto la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa dell’ex assessore di Forza Italia Riccardo Izzi. Il collegamento tra il gruppo di ‘ndrangheta guidato dai fratelli Tripodo viene più volte ricordato dai giudici nella motivazione della sentenza: “Anche Trani Aldo come Tripodo Carmelo e Tripodo Venanzio sfrutta la forza intimidatrice del sodalizio (…) anche per diventare un punto di riferimento assoluto nel settore economico di sua competenza puntellandosi, in ultimo, all’interno del Comune di Fondi grazie al contributo dell’assessore Riccardo Izzi”. E ancora: “La pressione esercitata sul Comune è tangibile (…) per mezzo del fidato Izzi che evidentemente gestisce ed intende la cosa pubblica come merce di scambio”. La stessa sentenza richiama apertamente “l’infiltrazione all’interno del Comune”.

Il rapporto tra il senatore Claudio Fazzone e il comune di Fondi – secondo alcune testimonianze – andava oltre la “difesa” della città. E’ lo stesso Riccardo Izzi a raccontarlo, il 9 gennaio del 2008, ai magistrati all’epoca in servizio alla Dda di Roma Diana De Martino e Francesco Curcio: “Io opero nel partito di Forza Italia. Nel basso Lazio esponente politico più influente di tale partito è Claudio Fazzone. Costui è originario di Fondi ed è stato molto amico di mio padre che lo ha sempre appoggiato in ogni campagna elettorale fin da quando si presentava alle elezioni provinciali fino a quelle nazionali”. Una settimana prima alcuni sconosciuti danno fuoco all’automobile di Riccardo Izzi. Lui si spaventa e avvisa il prefetto. Proprio da quella segnalazione partì l’inchiesta amministrativa che si concluse con la proposta di scioglimento del comune di Fondi.

Il giorno prima dell’interrogatorio davanti alla Dda – quando ancora l’inchiesta Damasco era coperta dal segreto d’indagine – Izzi viene contattato da Fazzone, che – intervenendo direttamente – ne chiede le dimissioni: “Ieri come le ho detto è successo un fatto strano: mio padre è stato contattato da Fazzone in prima mattinata – racconta Izzi ai magistrati – (…) il Senatore non solo come previsto mi chiedeva di dimettermi dalla carica di assessore nel mio stesso interesse, ma mostrava anche di essere a conoscenza dell’indagine in corso (…) Mi disse che sapeva che stavo collaborando con gli inquirenti e addirittura con la magistratura e cosa davvero singolare mi disse : “so cosa vai a fare domani a Roma…”. Un fascicolo decisamente interessante per la commissione antimafia.

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