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Reggio Emilia, la banca blocca il conto agli schiavi del gioco d’azzardo

L'iniziativa della Banca popolare dell'Emilia Romagna prevede il controllo della liquidità per i propri clienti in modo da poter segnalare quando avvengono degli abusi. Le carte di credito inoltre non possono essere usate per pagare le scommesse online
Reggio Emilia, la banca blocca il conto agli schiavi del gioco d’azzardo
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Carte di credito bloccate agli schiavi del gioco d’azzardo, messa al bando di gratta e vinci e lotterie nelle filiali e corsi formativi per imparare a riconoscere quando un passatempo si è trasformato in una dipendenza. Per la prima volta un gruppo bancario con sportelli in tutta Italia, quello della Banca popolare dell’Emilia Romagna, dà il via a un progetto per togliere la liquidità ai malati delle slot. E invia ai suoi dipendenti un vademecum con le linee guida per individuare operazioni anomale e orientare il cliente verso comunità di assistenza .

Un vero e proprio piano, pensato insieme ad associazioni e realtà impegnate nel contrasto e nella prevenzione della ludopatia, per evitare che i correntisti con il vizio delle scommesse e dei videopoker brucino nel buio delle sale slot i propri risparmi. I diversi punti del progetto sono stati messi nero su bianco e raccolti in una circolare, fatta arrivare a luglio ai 12 mila impiegati distribuiti nelle filiali del gruppo. Nelle 11 pagine del documento vengono spiegati quali sono i principali segnali d’allarme. Ad esempio, il sospetto può nascere quando un cliente ogni mese dà fondo al proprio conto corrente, dilapidando lo stipendio in pochi giorni. Oppure davanti ad assegni girati a sale slot e tabaccherie, o a situazioni di indebitamento costante. In questo caso, il dipendente della banca ha la libertà di consigliare ai correntisti strutture specializzate nella cura della dipendenza dal gioco, o di fare una segnalazione per un colloquio con il direttore della filiale.

Ma il provvedimento più incisivo riguarda l’utilizzo delle carte di credito. Il gruppo emiliano infatti ha deciso di impedire operazioni e pagamenti su casinò online o siti di scommesse, e in generale in tutti i locali dove si svolgono le cosiddette attività di gambling, ossia quelle legate al gioco d’azzardo. Con l’eccezione delle carte prepagate e di quelle black, destinate ai clienti più facoltosi. “L’approccio – si legge in una nota della Bper – è laico e non ideologico: non vogliamo criminalizzare i gestori, ma neppure restare indifferenti di fronte a un fenomeno sociale così preoccupante”. 

I dati parlano di un milione di persone a rischio dipendenza patologica da slot machine, poker online e grata e vinci. E a giocarsi tutto è, nella maggioranza dei casi, chi non ha niente. Secondo una ricerca diffusa dal Conagga, il coordinamento nazionale dei i gruppi dei giocatori d’azzardo, tentano la fortuna alle macchinette il 66% dei disoccupati, il 47% degli indigenti e il 56% degli appartenenti al ceto medio-basso. 

E spesso, a rivolgersi alle banche, sono i parenti dei giocatori: chiedono aiuto per salvare i risparmi di una vita. Ma è difficile chiudere un conto se non si è titolare. “Per questo una banca attenta e sensibile al tema è sicuramente utile, e dovrebbe essere da esempio per le altre” spiega Matteo Iori. Presidente del Centro Papa Giovanni XXIII di Reggio Emilia e promotore della prima struttura residenziale gratuita per giocatori patologici, Iori ha collaborato al progetto no-slot della Bper e il 29 novembre, a Trento, in un convegno del Conagga , spiegherà qual è il contributo che una banca può dare per prevenire la ludopatia. “La cosa importante non è solo impedire ai giocatori di avere anticipi, ma anche aiutarli a non bruciare tutti i soldi che hanno sul conto. E poi chiudere i rubinetti fa comodo a tutti: le famiglie mettono al sicuro i soldi, mentre le banche evitano che i propri correntisti vadano in rovina”.

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