Anno dopo anno, edizione dopo edizione – siamo alla sesta – roBOt, il festival internazionale dedicato alla musica elettronica ed alle arti digitali, prosegue imperterrito nella sua graduale e costante ascesa. Sicché da lassù, scorrendo il programma allestito da Shape nell’edizione della definitiva e meritata consacrazione, si viene inevitabilmente assaliti dalle vertigini. Davvero azzeccata la metafora scelta dai promotori per descrivere le emozioni generate dall’impatto della grande musica elettronica sui nostri sensi. Prendere il nuovo album di Jon Hopkins, Immunity, selezionare la seconda traccia del disco, Open Eye Signal, e ruotare generosamente la manopola del volume in senso orario come suggerivano programmaticamente i M|A|R|R|S già ventisei anni or sono: non sono forse vertigini nella più pura accezione del termine quelle che scaturiscono dalla sua progressione e levitazione?

Il produttore londinese non è che la punta dell’iceberg della manifestazione apertasi ufficialmente con la preview al Teatro Comunale allorché è toccato all’ex Japan David Sylvian e a Christian Fennesz scagliare la bottiglia di champagne per il varo dell’astronave. Il festival vero e proprio, con una miriade di appuntamenti di assoluto interesse, si svolgerà a Bologna tra Palazzo Re Enzo, TPO e Link dal pomeriggio di mercoledì 2 ottobre sino all’alba di domenica 6 ottobre. Quello che convince delle scelte artistiche esercitate è che il profluvio di artisti di indubbia qualità provenienti da vari angoli del pianeta sono stati giustapposti ed intersecati ad alcune delle migliori realtà glocal, realizzando così una sorta di mappatura di espressioni artistiche che da un livello macro zooma al micro come in un’ipotetica vertiginosa discesa di un gigantesco Google Earth puntato sulla città felsinea.

Sul sito www.robotfestival.it è possibile consultare analiticamente tutto l’imponente e sfaccettato programma che nelle sue tante sezioni prevede non solo live musicali e dj set ma anche proiezioni (ad esempio Future Past Perfect del grande Carsten Nicolai), workshop (tra i quali spicca quello dedicato a “scene e culture globali della musica elettronica” a cura dei sociologi Paolo Magaudda e Marco Santoro), progetti audio video, performance ed installazioni di artisti quali Zimmerfrei, Diego Zuelli, Von Tesla ed i Ninos Du Brasil di Nico Vascellari nonché i diversi progetti selezionati invece attraverso il bando call4roBOt. Tra le più interessanti novità di roBOt 06 il Music Hack Day, un evento internazionale di grande rilievo, tenutosi quest’anno in alcune delle più importanti città del mondo, in cui programmatori, designer ed artisti si incontrano per realizzare nuovi software, applicazioni mobile e web, dispositivi d’ogni tipo volti in ultima istanza ad un utilizzo in ambito musicale e per plasmare il futuro della musica. Per avvicinare ancor di più bimbi e ragazzini alle forme per loro sempre più familiari dell’elettronica vi sarà anche il nuovo speciale appuntamento dedicato, denominato roBOt KIDs.

Sul sito web una ulteriore intelligente ed utile applicazione utilizzabile per personalizzare la propria pagina facebook si chiama my roBOt e permette di creare cover calendario con gli artisti e gli eventi prediletti. Se per ipotesi provassimo a pianificare una road map musicale di questa ricchissima edizione del festival ecco che cosa risulterebbe: mercoledì gli Starfuckers, una delle band italiane più influenti ed originali di sempre, sin dagli esordi di fine Ottanta, e a seguire Tim Hecker, canadese, una delle stelle più luminose della ambient più raffinata, abrasiva ed emozionale. Il suo nuovo Virgins su Kranky è uno dei dischi più attesi della stagione. Giovedì l’apocalyptico DJ Balli, i sublimi beatz spettrali e romantici di oOoOO, dalla Tri Angle, una delle etichette emblematiche di questo preciso momento storico, l’hip hop creativo, avant e bislacco di Infinite Livez e poi tutta l’intensità circolare di Lorenzo Senni, orgoglio dell’elettronica italiana dopo il suo ottimo lavoro su Mego. Nel prosieguo della serata il dj set di Jackmaster preannuncia faville sul dancefloor del TPO.

Venerdì Tropic of Cancer ovvero la dark-wave romantica e diafana di Camella Lobo che incontra lo stridore ed il grigiore industriale del sound Sandwell District: anche per testare il nuovissimo album su Blackest Ever Black. Perfetta introduzione ai sepolcri di Holy Other, anche lui figlio dell’esoterismo massonico della scuola triangolare come tante delle migliori espressioni odierne. Al Link il Berghain fattosi uomo: Ben Klock. Pare che JFK abbia pronunciato la celeberrima frase “Ich bin ein Berliner” dopo uno dei suoi dj set. Sabato a Palazzo Re Enzo un’inedita Suz accompagnata da un quartetto d’archi e poi, a cura di Red Bull Music Academy, le declinazioni dell’hip hop strumentale di classe di Kelpe e la prima volta in Italia di Thundercat (dalla Brainfeeder di Flying Lotus). Lorenzo Nada aka Godblesscomputers, BXP ed AD Bourke nella prima parte della nottata finale al Link. A seguire le melodiche delicatezze ritmiche di Pantha Du Prince, il mestiere sempre raffinato dell’olandese Martyn, alle spalle due ottimi album esemplificativi ed anticipatori del passaggio emblematico da post-dubstep a techno che ha caratterizzato questi ultimi anni. Arriva grazie alla partnership con DNA Dance Department che cura lo Stage 2. Di Jon Hopkins abbiamo detto: giunge come la stella di quest’edizione del roBOt. Cosmin TRG ha sfornato un album su 50Weapons, etichetta da applausi, mentre DJ Koze, non ce ne voglia il povero Apparat a cui auguriamo una prontissima guarigione, è la gradita new entry che lo sostituirà più che degnamente: anzi, DJ Koze è probabilmente il candidato ideale, per tatto, sapienza, forza, per accompagnare il popolo del roBOt in questo meraviglioso viaggio al termine della notte. Nello spazio gate di Palazzo Re Enzo, all’ingresso del festival, vi sarà ogni sera una selezione di beats elettronici a cura dei DJs di Radio Città del Capo.

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