Da mesi l’Europa, ed in misura minore il resto del mondo, aspetta pazientemente il risultato delle elezioni tedesche. Un’attesa che ha prodotto in alcuni paesi, incluso il nostro, una sorta d’immobilismo istituzionale. E’ la prima volta che ciò succede, neppure ai tempi della vittoria del partito Nazional Socialista – un evento che ha cambiato il corso della storia del vecchio continente – l’opinione dell’elettorato tedesco ha avuto tanto peso. I motivi sono diversi: per la terza volta una donna si ripropone alla guida della nazione economicamente più forte d’Europa; la gestione della crisi dell’euro, interamente orchestrata dalla cancelliera e dalla sua coalizione; i rapporti tesi tra gli Stati Uniti e la Russia che vedono al centro la disputa diplomatica sulla Siria; la perdita di popolarità del presidente americano che permette alla Cia di spiare anche i capi di stato stranieri. Ma chi spera che il voto dei tedeschi risolva i problemi di Eurolandia, del Medio Oriente e rattoppi le relazioni tra Mosca e Washington si sbaglia.

Le elezioni tedesche si svolgono in casa, lontanissimo dal mondo e dai suoi problemi. Angela Merkel, se rieletta, probabilmente sarà la figura politica più potente al mondo, ma per i tedeschi il compito della cancelliera è uno solo: proteggere e fare gli interessi della Germania. Anche l’Europa viene vista in un’ottica di politica interna, ed in fondo la gestione della crisi dell’euro da parte della Merkel e del partito social democratico di coalizione è stata condotta in funzione della stabilità economica e politica della Germania prima che dell’Europa. E’ bene ricordare che nelle votazione per la creazione del fondo salva stati pari a 500 miliardi di euro la Merkel si è assicurata la vittoria grazie al voto dei verdi e del Spd.

I tedeschi sono soddisfatti dei risultati ottenuti fino ad ora ed è per questo che con molta probabilità voteranno come in passato, offrendo alla Merkel la possibilità di riprodurre una coalizione del tutto simile a quella attuale. Ma anche se ciò non avvenisse, se a vincere fosse il partito socialista questo non comporterebbe grandissimi cambiamenti nei confronti della politica Europea e di quella estera.

In quest’ottica bisogna analizzare i temi della campagna elettorale, alcuni reputati dagli osservatori esterni ‘triviali’ come l’acceso dibattito sulla dieta vegetariana. I verdi vorrebbero che almeno per un giorno a settimana le mense pubbliche non servissero carne ma solo piatti vegetariani, una proposta che ha fatto intrufolare la politica nel rapporto che i tedeschi hanno con le loro celeberrime salsicce, affettati e carni varie. Nei suoi comizi la Merkel ha più volte ribadito che non è sua intenzione imporre ai tedeschi alcuna dieta. A parte quella vegetariana durante queste elezioni si è discusso di pedaggi d’autostrada, tasse locali, tutte questioni di politica interna, il destino dell’eurozona infiamma soltanto il nuovo partito anti euro Alternative für Deutschland (AfD).

Tutta questa eccitazione per le elezioni tedesche è dunque con molta probabilità eccessiva, come eccessive sono le speranze degli economisti europei ed internazionali riguardo al cambiamento radicale della gestione della crisi dell’euro. Né la Merkel né un ipotetico nuovo cancelliere proveniente dall’Spd accetteranno mai le varie proposte fino ad ora ventilate da quella di un euro a due velocità fino al ritorno del marco tedesco. Piuttosto continueranno ad imporre ai paesi membri la stessa politica d’austerità.

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