Commissariare Fondiaria Sai e fare luce su tutte le responsabilità per la mala gestio ligrestiana della compagnia prima che sia troppo tardi. A mettersi di traverso alla fusione tra la Unipol delle coop e la società che fu della famiglia siciliana arrestata una settimana fa sono i piccoli risparmiatori e l’Adusbef che chiedono di portare il caso in Parlamento perchè sull’accusa di falso in bilancio c’è qualcuno, oltre i vertici della comnpagnia, che non ha vigilato.

“Chiediamo di commissariare FonSai per evitare al danno la beffa con la fusione Unipol”, ha detto all’Adnkronos il presidente dell’associazione dei consumatori, Elio Lannutti proprio mentre si attende il via libera della vigilanza all’operazione. Una mossa, quella del commissariamento, che secondo l’ex parlamentare Idv consentirebbe di mettere “al riparo” l’intero patrimonio della società assicurativa garantendo un giusto risarcimento a tutti. Parole condivise da Gianfranco D’Atri, rappresentante del 5% degli azionisti di risparmio, il quale rilancia: “Vorrei portare il tema all’attenzione di alcuni deputati per un approfondimento in Parlamento perchè si faccia luce sull’intero sistema. Gli arresti mostrano la punta di un iceberg su cui c’è il dovere di indagare: non sono cinque o sette le persone che hanno fatto questo”.

Responsabilità che, secondo gli intervistati, sono da imputare a chi ha avallato o non vigilato sul bilancio 2010 di FonSai e che non escludono nessuno: dagli ex vertici all’”inerzia del collegio sindacale“, fino alle “pesanti responsabilità della Consob, che aveva il dovere di vigilare sulla correttezza e congruità dei bilanci”. Un “concorso di colpe”, a oggi sono 18 gli indagati, che non può “lasciar fuori la Consob, soprattutto alla luce della possibile corruzione del figlio dell’ex presidente Lamberto Cardia, a libro paga di Ligresti”, sottolinea Lannutti. Un presunto trattamento di riguardo, ma forse non il solo.

“I bilanci – evidenzia D’Atri – vengono approvati dai cda in cui ci sono persone espressione anche di Mediobanca e Unicredit. C’è una responsabilità più ampia che non esclude neanche la Consob, visto che sui bilanci pubblici di una società quotata deve vigilare. Un tema nazionale, di governo, su cui occorre fare chiarezza”. Fonsai è indagata per la legge 231 sulla responsabilità degli enti, gli ex vertici sono finiti in manette e “il giorno degli arresti non c’è stato un comunicato per spiegare che la società è al riparo da ogni eventuale rischio”, aggiunge D’Atri. Finora il danno è stato “enorme” per i piccoli azionisti, “che hanno perso – secondo Adusbef – oltre il 97% dei loro investimenti”.

L’associazione è pronta ad agire con una class action: “Circa un migliaio le deleghe raccolte”, così come sono tanti i piccoli risparmiatori intenzionati a costituirsi parte civile “contro i Ligresti, ma anche verso chi accende i fari, ma li punta nella direzione sbagliata. La magistratura dovrà stabilire a chi appartengono le responsabilità del falso in bilancio, ma quel falso in bilancio è attestato”, conclude D’Atri. Da parte sua Adusbef, che rivendica la necessità di commissariare FonSai, “esige risposte e spiegazioni di merito” dai magistrati di Torino titolari dell’indagine, Vittorio Nessi e Marco Gianoglio, “ritenendo inconcepibile il particolare riguardo riservato alla Consob e non si rassegnerà fin quando non le avrà ottenute”.

A rincarare la dose si è poi aggiunto l’ex consigliere indipendente di FonSai Salvatore Bragantini. “Non mi pareva giusto che Mediobanca e Unicredit stessero imponendo le loro ragioni di creditori senza sufficiente considerazione degli interessi degli altri stakeholder (portatori di interessi, ndr)” e “a mio parere bisognava prima di accettare un matrimonio su basi penalizzanti come quello proposto da Unipol, verificare fino in fondo la percorribilità di un’offerta alternativa, come quella proposta da Sator e Palladio”, ha detto alla stessa Adnkronos.

“Non contestavo certo le necessità di ripatrimonializzare FonSai”, racconta il componente del cda della compagnia indicato dalla Sator di Matteo Arpe a proposito del suo voto contrario all’operazione con le coop approvata nel maggio 2012, ma “quel che mi turbava era che nessuno abbia mai voluto cercare di massimizzare gli interessi di FonSai e di tutti i suoi stakeholder, come ad esempio si sarebbe potuto fare cercando un compratore al di fuori dall’universo delimitato da Mediobanca e Unicredit”.

“Erano Mediobanca e Unicredit a menare la danza, quando sono arrivato io in cda ormai i Ligresti erano di fatto in minoranza”, aggiunge ancora Bragantini. La fusione tra Unipol e il gruppo assicurativo è dettata dall’esigenza “di urgente patrimonializzazione” e di “validità industriale dell’operazione”, si sostiene l’ipotesi che l’aggregazione “sarebbe in grado di creare valore per gli azionisti” e l’idea che la stessa “appare essere valutata positivamente dall’autorità di vigilanza e raccogliere il consenso di tutti i soggetti alla cui valutazione l’operazione è soggetta”. Eppure, allora, Bragantini non nascose i suoi dubbi su Unipol. “La enorme quantità di titoli strutturati complessi, illiquidi e a lunghissima scadenza presenti nei suoi bilanci imponeva, secondo me, un’urgente e dettagliata verifica di quei valori”, conclude aggiungendo che “la fusione avrà certo la sua validità industriale, perchè si taglieranno costi di lavoro centrali in abbondanza: non ne deriverà però un aumento della concorrenza, tutt’altro. E parliamo di un mercato ben poco concorrenziale”.

Quanto ai Ligresti “sono certo i grandi colpevoli, ma colpe gravi hanno i molti che li hanno ammessi volentieri in società e li hanno lasciati spadroneggiare con i soldi degli assicurati, quasi fossero loro proprietà personale”. Secondo Bragantini, quindi, “non bisogna assolutamente prestarsi al loro vittimismo: da sempre i bancarottieri se la prendono con le banche, quando finalmente esse tirano giù il sipario e decretano la fine dello spettacolo. I Ligresti della situazione sempre ci saranno, quel che squalifica la finanza nostrana è averli accettati senza batter ciglio, perchè portavano i soldi. Poi però hanno incominciato a portarseli via, i soldi, a carrettate di centinaia di milioni”.

E svela un dettaglio per “rendere bene l’idea”: alla prima riunione di cda di FonSai cui partecipa Bragantini, “a un certo punto entrò nella sala Salvatore Ligresti, che del cda non faceva parte, e qualcuno propose di rinnovare la sua nomina a presidente onorario della società. Un applauso accompagnò la proposta, e fui il solo ad alzare il ditino per dire che non ero d’accordo”, conclude l’ex commissario Consob.

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