Ogni volta che il Pd fa un disastro, cioè quasi sempre, dedico un pensiero a Civati. Il Pippo Tentenna del Pd. Ne ho parlato già alcuni giorni fa e lui si è piccato assai. Bene: vuol dire che crede in quello che fa, e per questo ha un’alta soglia di permalosità.

Ieri sera ho visto il suo blog, sperando in una sua presa di distanza netta. Ma chiedere decisioni nette a Civati è come pretendere da Steve Vai un disco senza pippe virtuosistiche.
Prima dell’ennesima calata di braghe piddina, Civati cercava al mattino di minimizzare le minacce della Santanché. Dopo l’inginocchiamento dinnanzi al Caimano, ieri ha scritto tre post in poche ore. Con tanto di screenshot alla home page di ieri dell’Huffington Post (ma solo perché c’era anche lui in foto. Il ragazzo è narciso, e lo capisco, di quelli però che fingono di non esserlo perché un po’ se ne vergognano. Pippo è così: crede in quello che dice e fa, però se ne dissocia sempre un po’, in una sorta di eterno bipolarismo da Dottor Cambiamento e Mister Apparato).

Il succo dei tre post è in perfetto Pippo Style: un docile “Vorrei ma non posso”. Il solito “maanchismo 2.0 della zuppa del Ciwati”. Qualche supercazzola per giustificarsi (“Secondo me. Il problema è l’impianto”. Scritto così, con la punteggiatura sincopata. La ama molto, come io le parentesi). E poi tante giustificazioni. Una montagna di excusatio non petita.
Colgo da fior fiore: “Il problema non è ogni singolo voto”; “Ogni settimana bisogna decidere come comportarsi, e non è sempre facile tenere insieme quello che il Pd decide di fare – a volte senza discuterne – e quello che si pensa”; “E non è pilatesca l’astensione, è un voto che dice che non si è d’accordo, ma non si vuole rompere con il Pd”; “Decine di elettori ti scrivono per dire che devi uscire dal Pd” (prova a chiederti il perché, Pippo); “Avrei potuto votare contro e darmi fuoco, dice qualcuno, ma poi sarei uscito dal partito (almeno, così avrei dovuto fare, secondo coscienza)” (a parte il riferimento melodrammatico al “darsi fuoco”, la strada era e resta proprio quella); “ Siamo preoccupati. Moltissimo. Come credo lo siano anche gli altri, anche quelli che hanno votato a favore” (eh, come no. Me la immagino la preoccupazione straziata dei Fioroni); “Lo so che state pensando che bisognava votare no. E avete ragione. Solo che siamo nel Pd, in un gruppo, e cerchiamo da sempre di spostarlo su posizioni diverse. E speriamo ancora di farcela”.
E via così.

Pippo Civati è bravo e onesto. Se lo critico, è perché lo stimo. Se votassi Pd, vorrei lui come segretario (e anche questo è il problema di Pippo: piace ai non berlusconiani che il Pd non lo voteranno mai, quindi piace a un pubblico che non sarà mai suo. E lui lo sa. E ne soffre).
Civati sembra però ormai un ribelle in salsa Ricucci. Menziono l’odontotecnico di Zagarolo non per somiglianza con Civati, figurarsi (devo specificarlo, altrimenti poi mi manda un sms con scritto: “Mi spiace, ma Ricucci sarai tu”. Suole far così). Lo cito invece per una delle massime amate (anche) da Ricucci: “Fare il frocio col culo degli altri”. Ecco: Civati è uno che gioca alla rivoluzione, ma stando sempre al calduccio e ben dentro l’apparato, senza il quale si sentirebbe smarrito e forse irrilevante.

Così continuando, tra lui e Bersani finirà col non esserci molta differenza. Al momento, il Principino Tentenna del Pd sembra uno Speranza con meno pelo sullo stomaco. E da lui, onestamente, è lecito aspettarsi di più. Pippo dirà: “Io corro per la segreteria del Pd”. Si sa. Quindi corre per niente e senza speranza, tanto nel Pd del futuro comanderà Renzi (se vorranno vincere le elezioni). E mentre Pippo correrà (poco), starà sempre attento a ripetere – anche nei suoi meeting PolitiCamp – che lui è contro l’inciucio, sì, ma è anche (cit) uno che stima Cuperlo, e Renzi, ed Epifani.

Pippo Tentenna è contro tutti, però al tempo stesso stima tutti: un Veltronino.
Non so se Civati ha presente quella scena in cui Eli Wallach, ne Il buono il brutto e il cattivo, ricorda al rivale: “Quando si spara si spara”. E poi (appunto) gli spara. Ecco: quando si fa i ribelli, si fa i ribelli. Niente mirror climbing, niente equilibrismi, niente supercazzole.
Pippo è uno dei pochi salvabili. Per questo, quando si trincera dietro il politichese bolso e si lascia superare a sinistra persino da Gentiloni e Rosy Bindi (che ieri sono usciti dall’Aula: lui manco quello), mette tenerezza. Non c’è più tempo per i voglio-non-voglio. E non si può cambiare ciò che mai vorrà cambiare.

Per dirla con Edoardo Bennato: caro Pippo, “Non farti cadere le braccia”. E’ già accaduto troppe volte. E non vorrei che, a furia di subire la legge gravitazionale, pure gli zebedei (qua intesi come coraggio) non versassero ormai in buonissimo stato.

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