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Ustica, il governo non impugna la sentenza per i risarcimenti

Palazzo Chigi annuncia che non farà ricorso per revocazione alla Cassazione per annullare i risarcimenti ai familiari delle vittime. "Una determinazione motivata da ragioni di ordine etico", si legge nella nota
Ustica, il governo non impugna la sentenza per i risarcimenti
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La sentenza della Cassazione che ha condannato lo Stato a risarcire i familiari delle vittime di Ustica non sarà impugnata per revocazione dal Governo. Ad annunciarlo è una nota di Palazzo Chigi, dove si specifica: “Questa determinazione è motivata da ragioni giuridiche, in quanto un ricorso per revocazione in questa situazione processuale potrebbe apparire meramente dilatorio ed esporrebbe lo Stato a ulteriori spese. Ma soprattutto è motivata da ragioni di ordine etico, per il dovuto rispetto alle vittime e ai loro familiari. La sentenza definitiva della Cassazione andrà semplicemente eseguita” conclude la nota.

La notizia di un probabile ricorso era arrivata in occasione dell’anniversario della strage di Ustica il 27 giugno scorso, quando si era appreso che l’Avvocatura dello Stato stava valutando un “ricorso per revocazione” alla Corte di Cassazione per cancellare la sentenza della stessa Cassazione con la quale era stato dato il via libera definitivo al risarcimento, per 1,2 milioni di euro ciascuno, ai familiari di tre vittime della strage di Ustica. Alla base del ricorso il fatto che la sentenza si sarebbe fondata su circostanze oggettive errate. La revocazione della sentenza, se dichiarata, avrebbe comportato un nuovo giudizio davanti alla Suprema Corte.

La sentenza su Ustica – nella quale si afferma che a causare la strage fu un missile – è stata emessa dalla terza sezione civile della Cassazione che nei fatti, per la prima volta, ha convalidato la condanna al risarcimento inflitta dalla Corte di Appello di Palermo, nel giugno 2010, in favore dei parenti di tre vittime che, per primi, hanno intrapreso la causa civile. La stessa azione civile è stata poi seguita da altri ottanta familiari costituitisi in un altro procedimento, sospeso in appello e aggiornato al 2014, per il quale i ministeri dovrebbero pagare altri 110 milioni di euro.

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