Papa-FrancescoCi voleva un Papa di nome Francesco per la Chiesa che ha disperso la propria anima, prima ancora di occuparsi di anime altrui. Ci voleva un Papa, con quel nome di purezza e rottura, per far ingoiare le denunce, le sue, su malaffare, intrighi e lobby gay e poi le invettive contro il carrierismo e la ricchezza.

Se ci fossero le elezioni popolari del pontefice, esaminati questi primi tre mesi di tremendo e positivo impatto mediatico, l’ex cardinale Jorge Bergoglio sarebbe vincente per qualsiasi incarico, forse anche per il Quirinale e la Casa Bianca. Quel che ci vuole a Francesco, che fa inorridire i conservatori e fa barcollare i seriosi Messori (“Gesù vestiva Armani”), è una coraggiosa operazione pulizia, di corpi e anime, di conti in banca e gruppi di poteri.

“Non posso fare da solo”, avrebbe confessato ai religiosi sudamericani. Bergoglio non è un uomo sprovveduto, conosce i meccanismi curiali: non per sbadataggine o dimenticanza, ma il cardinale Tarcisio Bertone è ancora il segretario di Stato. I problemi del Vaticano non finiscono con il salesiano, ma si potrebbe cominciare da quel ruolo.

Francesco non hai mai usato parole dolci per l’Istituto per le opere religiose, il mistico Ior (perché inquietante da sempre), però l’ingresso di monsignor Ricca – nominato intermediario fra i cardinali, cioè Bertone, e i laici in Cda, cioè sempre Bertone – è un avviso di fine corsa col traguardo ben lontano. Più che scrutare i meandri di questa cassa santa, l’ultima inchiesta coinvolge monsignor Scarano per riciclaggio di denaro, si dovrebbe rafforzare il controllare, la struttura per la trasparenza ordinata da Benedetto XVI e gestita dai collaboratori dell’onnipresente Bertone.

Francesco si è spogliato di quei simboli di opulenza che fanno di un pontefice un monarca medioevale, non abita nel palazzo apostolico e non fa le vacanze a Castel Gandolfo, ma la sua immagine purificatrice e innovativa – specchietto utile per rigenerarsi col mondo – potrebbe involontariamente coprire il sistema vaticano. Ormai neppure i racconti di festini e corruzione – c’è un’indagine a Savona come ha scritto il Fatto – fanno scalpore.

E figurarsi se qualcuno si lamenta dei 37 milioni di euro che la Conferenza episcopale italiana, attraverso le donazioni otto per mille, ha stanziato per finanziarie le “comunicazioni”. Francesco avrà letto la relazione dei tre cardinali su Vatileaks e la lettera di Ratzinger che lo metteva in guardia, chissà dov’è finito il maggiordomo Paolo Gabriele, condannato, graziato e allontanato dal Vaticano: avrà ricevuto come annunciato il lavoro promesso? Per avere qualche notizia più approfondita, Bergoglio potrebbe offrire dei biscotti Alfajores e fare quattro chiacchiere con Gabriele.

 

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