Dato che ormai i parlamentari sono presi principalmente dalle beghe interne ai loro partiti ed impegnati in una perenne campagna elettorale, nessuno ha pensato di discutere come utilizzare concretamente le informazioni contenute nel Bollettino economico della Banca d’Italia e nelle Considerazioni Finali del governatore, pubblicate a fine maggio. Peccato perché questi due documenti sono le istantanee migliori della condizione economica in cui versa il Paese e potrebbero servire a formulare una politica economica anti-recessiva e di rinnovamento della nostra economia.

Il Bollettino economico è, come sempre, una miniera di dati: tabelle, grafici e proiezioni ci raccontano cosa è successo negli ultimi 12 mesi, allo steso tempo il documento, lungo circa 70 pagine, mette la nostra performance economica in un contesto storico. In sintesi le cose vanno di male in peggio, ed anche quando sembra che ci sia stato un miglioramento questo è legato a fattori negativi: nel 2012 l’Italia, dopo 7 anni di deficit corrispondenti al 3,5-4% del Pil, ha quasi raggiunto il pareggio della bilancia dei pagamenti. Addirittura, nel quarto trimestre 2012 questa è risultata positiva. Quindi una bella notizia, viene spontaneo credere. Ma non è così! Quando andiamo a guardare i motivi di questo cambiamento ci accorgiamo che tali valori confermano l’inferno in cui siamo piombati. Il pareggio è dovuto esclusivamente al crollo delle importazioni, crollo causato dalla profonda recessione e dal peggioramento di questa  che la politica di austerità montiana ha prodotto.

Dietro la caduta della domanda c’è lo scenario recessivo, ben descritto nel Bollettino: reddito disponibile calato nel 2012 del 4,8%, consumi reali calati in due anni del 5%; le forze di lavoro, invece, sono aumentate di 540mila unità grazie alle donne che prima potevano permettersi di stare a casa e ora non più e grazie ai sessantenni che non possono andare in pensione.

Anche la bassa inflazione non è una buona notizia perché è dovuta ad una domanda interna comatosa, che si accompagna ad una spesa per investimenti crollata nel 2012 ancora una volta del 10%, e questo spiega “gli ampi margini di capacità inutilizzata” in tutto il Paese. Per il 2013 le imprese prevedono un’ulteriore flessione, quindi non siamo fuori dal tunnel.

Completa il quadro disastroso la sezione sui flussi di capitale: nel primo trimestre 2013 il Paese aveva un deficit di 240 miliardi di euro, corrispondente al 18% del Pil, quando agli inizi del 2011 il saldo era praticamente in pareggio. Dove sono finiti tutti questi soldi, i capitali fuggiti, insomma? La risposta è semplice all’estero. E di chi sono i capitali esportati? Una parte appartengono ad  investitori esteri, ma un’altra, cospicua, appartiene ai residenti. Tutto ciò drena ricchezza. Secondo la Confindustria dal 2006 al 2012 in Italia vi è stata una perdita di ricchezza pari a 460 miliardi di euro, mentre la Germania ha avuto un aumento di ricchezza finanziaria di 506 miliardi di euro.

Scenari tragici che le Considerazioni finali del governatore in parte cercano di spiegare ed affrontare. “Le origini finanziarie e internazionali della crisi – si afferma- non devono far dimenticare che in Italia, più che in altri Paesi, gli andamenti ciclici si sovrappongono a gravi carenze strutturali. Lo mostra, già nei dieci anni precedenti la crisi, l’evoluzione complessiva della nostra economia, peggiore di quella di quasi tutti i paesi sviluppati”. Siamo svantaggiati perché mal equipaggiati a livello economico, questo il sunto.

Dalla lettura di questi due documenti si capisce che né la Banca d’Italia né il governatore hanno la soluzione del problema, anche se si intuisce che la speranza riposa sulla maggiore integrazione, inclusa quella politica, dell’Unione Europea. Un auspicio che il governatore ha più volte ripetuto ma che esula dalle sue competenze.

La soluzione è principalmente politica e questo il governatore lo dice. La classe politica deve prendere atto delle disastrose condizioni dell’economia ed agire a livello nazionale ed internazionale. Gli strumenti la Banca d’Italia li ha messi a disposizione adesso è arrivato il momento di usarli in Parlamento.

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