Come l’assassino, secondo Agatha Christie, non può resistere alla tentazione di tornare sul luogo del delitto, Matthew Bourne non poteva lasciare incompiuta la sua trilogia chaikovsckiana ed è tornato al balletto più classico dei classici, La bella addormentata, per darne una sua personalissima rilettura. Entra nel vivo il Ravenna Festival con questo “spettacolone” che può essere ospitato solo dai più importanti festival internazionali.

Al teatro Alighieri, per sei repliche, è stato visto questo capitolo della danza contemporanea scritto da uno dei più importanti coreografi e registi britannici viventi. Sleeping Beauty, a Gothic Romance è un condensato di estetica in cui non possono sfuggire richiami e citazioni alle coreografie classiche di Marius Petipa, ma anche alle atmosfere popolari del musical, le tinte fluorescenti che ricordano il technicholor tipici dei film anni ’50 come La bella addormentata di Walt Disney.

Il regista richiama anche la sua stessa estetica, quella del magnifico Swan Lake, con una strega Carabosse piumata ed “en travestì”. La chiave dark scelta dal regista ha premiato, anche se era rischiosa. La figura del vampiro negli ultimi dieci anni è di gran moda ed è stata riproposta in tutte le salse con centinaia di film, libri e spettacoli in cui i pronipoti del conte ideato da Bram Stoker hanno completamente saturato l’immaginazione. La lettura data da Bourne però funge più da pretesto per far attraversare allo spettacolo un secolo di storia, cento anni in cui la bella dorme sotto l’effetto della maledizione di Carabosse. Il balletto infatti inizia in epoca vittoriana nel 1890, con costumi ottocenteschi e fate piumate, per arrivare ai giorni nostri in cui un gruppo di turisti con t-shirt e zainetto in spalla trova la bella addormentata nel giardino incantato dove Leo, il bel giardiniere che si è innamorato di lei, dorme in una tenda canadese. Tra le scene di maggior effetto spicca il momento in cui il malvagio Cardoc viene ucciso tra fulmini e grida, unico istante in cui la musica del compositore russo viene interrotta da ciò che accade sul palco.

 

Certamente uno spettacolo che ha più a che vedere con il musical britannico e americano, che non con l’estetica della danza europea, che non arriva all’intensità dello Swan Lake che fu ospitato dal Ravenna Festival nel 2007, ma sicuramente un grande allestimento che appaga la vista e l’udito.

Molto interessante è stato anche il metodo scelto dal Ravenna Festival di approfondire la conoscenza del regista con la proiezione di tre film che hanno mostrato le tappe fondamentali del suo lavoro. Il pubblico è così stato condotto per mano nell’acquisizione di una consapevolezza verso ciò che stava guardando.

Articolo Precedente

Università, Borghi nuovo rettore: “Chiedo un cambio di mentalità”

next
Articolo Successivo

Se in piazza ci fossero i campioni del volley

next